Mi sembra di essere come nella prima strofa della celebre canzone di Lucio Dalla, L’anno che verrà: “Caro amico, ti scrivo, così mi distraggo un po'”.
Già, distrarsi. Quando mancano poche ore all’esito delle urne, mi sento di distrarmi.
Allora vorrei parlare dell’autunno, che si è intersecato con questo periodo in cui la politica è stata ancora di più al centro della mia vita.
Non so, nella rappresentazione della vita, se - con la mia età - io sia in autunno o in inverno.
Ma diciamo che l’autunno, per ora annunciato poco in una natura della montagna valdostana, che sembra indietro, rappresenta bene un certo stato d’animo sospeso nell’attesa di capire che cosa avverrà.
Non lo dico drammatizzando, ma certo è interessante vedere come chi fa politica - e a me è capitato più volte - possa trovarsi di fronte a situazioni di discontinuità o di continuità.
L'autunno propone una Valle con cieli diversi dal resto dell'anno e con gli alberi che accendono i versanti di sfumature ricche di colore. Le montagne, stremate dalla stagione calda, si stagliano, quando il tempo è bello, come funamboli sospesi all'orizzonte, con i loro contorni che si disegnano nell'aria con nettezza attraverso le pareti brulle delle vette.
Le montagne assumono poi, nella roccia, colori inusuali, aggiungendo la spruzzata di neve che imbianca le cime, come se fosse una voglia. Quella stessa voglia che abbiamo tutti di un autunno che sappia passare il testimone all'inverno con delle nevicate del "tempo che fu" o della... stagione scorsa (che poi è esattamente il significato di "neige d'antan", cioè la neve di un anno prima, nella celebre poesia di François Villon).
Confesso ancora un debole per quelle nuvole strisciate ("cirrocumuli"?) che solcano il cielo, spesso come i tagli alle tele di Lucio Fontana. E pure, quando fa brutto, ci sono le piogge, le nebbie, la nuvolaglia, altrettanti elementi di fascino per nulla tetri ma corrispondenti alla messa in scena del periodo. E che dire di quegli odori, anzitutto di umido, ma anche di castagne, mele e funghi, se non - ma da noi non c'è - di tartufo, certo di cibi più solidi rispetto agli orti estivi e semmai le verdure muoiono in una bagna cauda.
Intanto il vino - protagonista dell'autunno con le feste nei paesi - lo si vede aprire un ciclo nelle vendemmie che culminano. Ho con l'autunno un rapporto contraddittorio: da una parte l'accorciarsi delle ore di luce intristisce, ma dall'altra come negare che esiste una sorta di raccoglimento, di maggior intimità con una luce inclinata che ha un suo fascino. Dopo tanto "esterno", si riscopre l'"interno" e l'avvolgente protezione dei vestiti più caldi.
In più mi piacciono le foglie colorate d'autunno appese agli alberi, però le foglie al vento - quando la stagione si allunga verso il periodo più freddo - sono gravide di pensieri, specie quando una bufera anima la danza delle foglie. Viene subito in mente, come colonna sonora, la canzone impagabile interpretata da Yves Montand su parole di Jacques Prévert (e sulla musica di Joseph Cosma).
Ve ne ricordo poche strofe: "Les feuilles mortes se ramassent à la pelle, Les souvenirs et les regrets aussi Et le vent du nord les emporte Dans la nuit froide de l'oubli".
. Certo Prévert non sapeva della poesia "Foglie morte" di Giovanni Pascoli, di cui ecco un brano: "Oh! che già il vento. volta e porta via le pioggie! Dentro la quercia folta ruma le foglie roggie che si staccano, e fru... partono; un branco ad ogni soffio che l'avviluppi. Par che la quercia sogni ora, gemendo, i gruppi del novembre che fu. Volano come uccelli, morte nel bel sereno..." .
E' bene essere attenti alla bellezza della nostra natura e ai paesaggi che sono una nostra ricchezza. Osservava lo scrittore Valery Larbaud: «Chaque pays a son ange gardien. C'est lui qui préside au climat, au paysage, au tempérament des habitants, à leur santé, à leur beauté, à leurs bonnes mœurs, à leur bonne administration. C'est l'ange géographique».
Speriamo che il mio nelle prossime ore non sia distratto.