Si avvicinano le elezioni regionali in Valle d’Aosta e chi ne ha seguite tante, come chi vi scrive, guarda con curiosità e interesse il posizionamento degli uni e degli altri.
Ci sono dei singolari andirivieni che rendono l’aria frizzante a dispetto della canicola.
Certo lo faccio da una posizione di parte per ragioni di background personale e per la disponibilità a partecipare a settembre alla sfida elettorale, che mi fa far parte del gioco e non da osservatore esterno.
Qui il mondo è piccolo e dunque ci si conosce tutti e di ognuno, che sia da tempo sulla scena o ci sia da poco, si conosce tutto. Un’operazione trasparenza che, per chi ha esperienza, diventa persino - come dicevo - divertente e certo istruttiva.
E in certi casi avere memoria e conoscere le caratteristiche di Tizio o Caio non è gossip o pettegolezzo, ma è un bagaglio utile per capire percorsi personali e scelte politiche. Esistono valutazioni più soggettive su pregi e difetti, sui curriculum di ciascuno e persino sulle ambizioni passate e presenti.
Tutto legittimo. La politica in un democrazia è un campo aperto in cui ci si confronta in libertà e si lavora alla ricerca di equilibri e di compromessi per avanzare.
E non bisogna certo illudersi che tutto si svolga in un mondo ovattato, senza sgambetti e scorrettezze. Esiste un lato feroce della politica e chi sceglie di entrarci non si deve stupire.
Tuttavia, esiste un grande discrimine che forse dovrebbe servire come bussola in vista delle elezioni regionali valdostane.
Un primo riferimento è storico e riguarda - perché gli anniversari sono importanti - in un semplice asse fra il 1945 e questo anno elettorale.
Sono ottant’anni delle istituzioni attuali, anche attraverso lo Statuto speciale del 1948, che sono illuminanti per capire chi e come si è posizionato rispetto a questa nostra Autonomia contemporanea.
Ogni volta che ho potuto, nella mia attività politica, a questa storia mi sono rifatto e qualunque cittadino informato da un semplice lettura degli avvenimenti è in grado di distinguere i comportamenti delle forze politiche di diversa estrazioni, al di là del cambiamento di alcune sigle. L’unica rimasta intatta nella propria dizione - lo dico non incidentalmente - resta l’Union Valdôtaine.
Ma contano, in questa storia, anche le cose dette e spesso fatte nel tempo sull’Autonomia. E questo è un altro punto importante e parallelo.
Oggi tutti si dicono a servizio dell’autonomia e dei suoi valori, mentre un esame attento dei fatti e dei comportamenti disvela con facilità le reali posizioni, che vengono volutamente nascoste alla ricerca del consenso. Questo travestitismo è oggi il vero problema, perché va al di là della legittima propaganda, entrando nel terreno dell’inganno.
I molti nemici che hanno nuociuto ai nostri diritti diventano d’improvviso difensori, promettendo paradisi per il il futuro della Valle d’Aosta.
Qualcuno dirà: niente di nuovo sotto il sole. Penso, però, che si siano elementi nuovi su cui riflettere.
Il senso identitario oggi paga il prezzo di un mondo digitale che crea confusione e che oggi bisogna saper adoperare in modo efficace.
La polarizzazione politica in Italia che apparentemente semplifica il quadro politico non agevola espressioni politiche originali dei territori.
La scarsa partecipazione alla politica e alla militanza danneggia la democrazia e apre le porte a scelte conformiste e superficiali. MI riferisco anche all'abbandono delle urne.
Tutti elementi che obbligano, per chi crede al valore dell’autonomismo, ad uno sforzo supplementare per contare e per decidere.