Ho letto un articolo di Massimo Pananari su La Stampa, attratto anche da un titolo curioso: “Il Papa Boomer: Prevost è il primo pontefice autenticamente contemporaneo”. Il sottotitolo aggiunge: “Figlio degli anni ‘50, è un cosmopolita pragmatico che ama la collegialità”.
Il termine “boomer” nel testo non compare, ma il titolista lo trae da un passaggio centrale: “Si tratta di un «Papa nuovo della contemporaneità», in primo luogo per ragioni anagrafiche, perché è nato il 14 settembre del 1955. E a Chicago, una delle metropoli che hanno dominato il Secolo americano e alimentato quel soft power a stelle e strisce da cui è stato scritto l’immaginario collettivo di tutti questi ultimi decenni”.
Quindi la data di nascita come elemento e gli Stati Uniti come contesto di quegli stessi anni del dopoguerra, quando e dove in effetti è nata la parola boomer. Termine difficile da tradurre in una sola parola in italiano e che descrive l’aumento massiccio delle nascite dopo la guerra e si riferisce alle generazioni nate tra il 1946 e il 1964.
Io, classe 1958, ci sono dentro e sento un’evidente affinità come un Papa che di fatto è “uno di noi”.
Guardando certe foto da giovane prete, con la faccia da bocia (uso il termine perché il cognome Prevost ci è vicino di sicuro, probabilmente nel Canavese, come origine), vengono in mente immagini mie da giovane giornalista e da giovane deputato. Per cui, avendo avuto anch’io la stessa aria sbarazzina, una simpatia naturale è normale.
Ma aggiungerei anche una logica corporativa, cui riflettevo l’altra sera, quando la sezione dell’Union Valdôtaine ha dato il via libera alla mia candidatura alle elezioni regionali di fine estate.
Mi sento oggi di difendere la generazione che mi accomuna al Papa, che è entrata come me ormai nella vecchiaia, anche se fra noi dalla simile età esorcizziamo la parola, come se fosse una parolaccia!
Per puro divertissement e non solo ho pensato ai pro e ai contro di noi boomer che viaggiamo fra i 60 e gli 80 anni. Credo che nessuno neghi l’esperienza e la conoscenza da tutti noi accumulate anche attraverso un’etica del lavoro che ci era stata inculcata dai nostri genitori.
Abbiamo credo dimostrato una capacità di adattarci a cambiamenti impressionanti che hanno scandito la nostra vita, ci siamo impegnati nella società e in politica e lo facciamo ancora oggi.
Per contro veniamo accusati, come se fosse colpa nostra, di aver goduto di un periodo di crescita economica e - mi sento di dire - di un’onda di speranze e di buonumore. Di essere stati egoisti e individualisti con le nostre pensioni di oggi e che il lavoro duro ha sacrificato spazi per i nostri cari. Veniamo descritti come distruttori dell’ambiente e vittime del consumismo. Saremmo restii a passare il testimone, perché resistenti a…fare i vecchi.
Mi rimetto, evitando una difesa appassionata che sarei in grado di fare e che porto nel mio lavoro quotidiano in politica, alla clemenza della Corte e mi godo il Papa quasi coetaneo e che nei gesti quotiamo e familiari descritti in queste ore mi sembra un compagno di banco.
Quando mio figlio adolescente, si adegua alla battutaccia, in risposta alle mie richieste spesso inevase, con un “Ok boomer”, mi monta la carogna.
Usa questa espressione proprio perché “boomer” è diventato un termine popolare su internet, soprattutto tra i giovani, come espressione sarcastica e critica verso atteggiamenti percepiti come antiquati, moralisti o fuori dal tempo. Il meme “OK boomer” è diventato virale come risposta ironica ai commenti giudicanti dei più anziani.
Devo trattenermi da diventare un patetico assertore della superiorità nostra di “quando eravamo giovani”, perché puzzerebbe di naftalina.
Ma che sappiano che devono portare rispetto non per l’anzianità, ma perché ci siamo e combattiamo ancora nel campo minato della vita, che purtroppo piano piano ci fa perdere persone care e amici nel tramonto che ci attende tutti.
Viva il Papa finalmente coscritto o quasi!