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21 nov 2017

Bon voyage, Mario

di Luciano Caveri

Muore, con Mario Andrione, un pezzo importante della Storia valdostana. Apparteneva ad una generazione diversa dalla mia, però era parte importante della sfera dei legami profondi della mia famiglia. Era stato, infatti, un uomo vicino, come suo delfino, a mio zio Severino Caveri, quando l'Union Valdôtaine era un Movimento politico stretto fra i partiti nazionali per poi farsi la propria strada politica - anche rompendo con il suo leader - in una crescita dell’area autonomista. Amico di mio papà, malgrado tutto, era stato per me una scoperta, quando ero studente - e protestavamo contro di lui - e lui ci incontrò a Palazzo regionale con quel suo distacco ironico, dall'alto della sua potenza fisica con quel suo ragionare assieme diretto ma anche pensoso e quell'altalenarsi sulle gambe, fissando un punto e poi lanciando lampi di occhiate ai suoi interlocutori.

Seguii poi, come giovane cronista, le riunioni del Consiglio Valle con lui Presidente, con la sua oratoria rigorosamente a braccio che si faceva, d'improvviso, assassina, quando decideva di "mirare" un avversario politico. Ero in aula quando, con il suo francese forbito, attaccò la Magistratura e certo non gli portò bene. Ma non era tipo da mezze misure e sapeva sempre come la dignità di un popolo passi anche attraverso la forza e la credibilità dei propri esponenti di spicco. Così, da cronista tuttofare, mi trovai a seguire la fine della sua carriera politica con il famoso "Affaire Casinò" che ne lerciò la reputazione e fu doloroso per me distinguere il piano della conoscenza e della stima personale con la necessità di fare il mio lavoro con notizie agghiaccianti di provenienza da Torino, dove si conduceva l'inchiesta. Ma la montagna in Cassazione partorì un topolino ed oggi si può dire quanto "fumus persecutionis" ci fosse nelle accuse infamanti dell'inizio di quell'inchiesta. Lo diceva lui stesso ai valdostani, me compreso, che lo andarono a trovare a Nizza, dove era riparato coperto dalla protezione che i francesi hanno sempre dato a chi sospettato di essere colpito per le sue idee. Ricordo pranzi straordinari in cui, come un "Pantagruel" senza limiti nell'anedottica, ripercorreva certe tappe dolenti delle sue vicende giudiziarie, raccontando in più spaccati della vita valdostana più utili di qualunque lezione cattedratica di "Civilisation Valdôtaine". Lui, poi, negli anni successivi, venne emarginato dal giovane leone Augusto Rollandin, che lui stesso aveva valorizzato e che pure difese («Il faut garder la tête froide») quando il suo ex pupillo venne arrestato. In colloqui che ebbi con Andrione, che ricordo con il suo sigaro toscano e con quel sorriso sornione, vaticinò una deriva morale dell'Autonomia valdostana e capì che sarebbero arrivate certe vicende affaristiche di cui oggi conosciamo solo ancora la punta dell'iceberg. Soffrì di certo di quella sorta di "conventio ad excludendum" che lo colpì in quella logica di considerare nemico chiunque ammonisca e si preoccupi del destino della Valle d'Aosta se non irreggimentato nell'esercito dei silenti che obbediscono con cecità. Lui, pur uomo abituato all'arte del comando e non certo tenero in politica, non ha mai usato l'odio come elemento divisore, cercando sempre di aggregare pur con quel suo aplomb, forse talvolta sentendosi sconfitto dagli eventi ed anche da certo conformismo dei valdostani, quando scatta l'effetto gregge dietro al "pifferaio magico". Il tempo darà conto del suo ruolo nella politica e nella società valdostana, distinguendo - più di quanto si possa fare oggi - fra "buoni" e "cattivi" e valorizzando anche in Andrione un fiero difensore dell'identità valdostana più forte e più autentica in quel quadro di federalismo - da lui conosciuto e studiato - che impedisce ad una comunità di finire alla mercé degli orrori del nazionalismo. L'invecchiamento e la malattia lo costrinsero poi al viale del tramonto e va detto che il figlio Étienne ha ereditato in toto quella cultura enciclopedica e anche il "dna" della politica che ha fatto grande il padre, pur nella difficoltà, che ci accomuna, di portare sulle spalle cognomi importanti nella vita pubblica. Bon voyage, Mario: troverai nel Panthéon della politica valdostana chissà in quale parte del Cielo tanti amici che ti accoglieranno con abbracci e qualche buon bicchiere di vino per ricordare assieme gioie e dolori della vostra vita.