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13 lug 2015

Il caldo dell'estate

di Luciano Caveri

L'importante è dirsi la verità: sul tempo - inteso come "meteorologia" (che poi in sostanza viene dal greco "cose del cielo" ed a quello ci rifacciamo ogni mattina naso all'aria) - siamo dei rompiballe. Se piove piove, se nevica nevica, se c’è il vento c'è il vento, se fa caldo fa caldo. Nel senso che ormai siamo assorbiti da una sorta di perpetua lamentazione, di cui queste ore in cui si boccheggia sono espressione mirabile. Così come il solito epilogo con certe piogge serali che d'improvviso arrivano sulle nostre montagne e viene in mente il verso di Eugenio Montale: «In quest'ora che s'indovina afosa. Sopra il tetto s'affaccia una nuvola grandiosa».

Dopo esserci lamentati dell'estate piovosa dello scorso anno, quest'anno gli strepiti si riversano tali e quali sulla canicola che ci morde. Faccio notare la finezza del verbo "mordere", visto che "canicola" viene dal latino "canicŭla", che deriva da "cănis -is", cane", non quello a quattro zampe, ma dal nome della stella Sirio della costellazione del Cane, la cui levata coincide in agosto con quella del sole ed è associata al caldo intenso. Certo qui siamo a luglio, ma va bene lo stesso... Devo dire che, pur lamentandomi talvolta come argomento a buon mercato di conversazione, sono lieto che faccia Caldo e lo scrivo pure con la maiuscola. Mi vien da sorridere a pensare alla saggezza di Mark Twain: «L'estate è quel momento in cui fa troppo caldo per fare quelle cose per cui faceva troppo freddo d'inverno». Se chiudo gli occhi e penso alle mie estati devo giocoforza pensare al caldo. A me bambino che, dopo il bagno, nella "Spiaggia d'Oro" di Porto Maurizio mi buttavo nella sabbia calda come una frittella nella farina. O alla follia, da ragazzo, del contrasto fra il sole cocente d'alta quota e l’acqua fredda di qualche lago glaciale. O, contrasto simile, alla calura quando da deputato camminavo nella Roma con l'asfalto fattosi molliccio ed entravo nelle fresche stanze di Palazzo Montecitorio. Rosso di sera, bel tempo si spera. Rosso di mattina, la burrasca si avvicina. Tramontana la pioggia tien lontana. Il tramonto giallo significa vento. Se l'arcobaleno t'appare la mattina bada che il brutto tempo si avvicina. Cielo a pecorelle acqua a catinelle. Basta pensare ai proverbi in tutte le lingue del mondo per capire che questo assillo del tempo che fa e dell'osservazione dei fenomeni, che crea catene di causa e effetto, fa parte strettamente della nostra vita. Scriveva sull'Estate Herman Hesse: «Nonostante il caldo opprimente di questi giorni, sto molto fuori. So fin troppo bene quanto questa bellezza sia effimera, come rapidamente si accomiata ed io sono così bramoso, così avido di questa bellezza dell'estate che declina! Vorrei vedere tutto, toccare tutto, odorare e assaporare tutto ciò che questo rigoglio estivo offre, vorrei conservare tutto questo e tenermelo per l’inverno, per i giorni e gli anni futuri, per la vecchiaia».