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13 lug 2015

Connessione: necessità e diritto

di Luciano Caveri

Sarà pur vero che l'estate potrebbe servire a disintossicarci un pochino dall'uso eccessivo degli smartphone e di apparecchiature consimili con cui abbiamo a che fare in tutto il resto dell'anno e che riempiono una parte della nostra vita, tanto da farci chiedere come facessimo prima ad occupare i medesimi spazi... I turisti, lo dico anche per me quando sono in vacanza, vogliono una connessione Internet facile e di buona qualità, senza cadere - specie all'estero - nelle forche caudine delle compagnie telefoniche, che applicano tariffe che talvolta sono da capogiro anche per quantitativi assai modesti di byte per chi navighi. Mi riferisco in particolare al "wi-fi" (che non è un acronimo e non ha alcun significato particolare, ma semplicemente rappresenta il marchio commerciale utilizzato per indicare sin dall'inizio la tecnologia), che consente con il "wireless" (dall'inglese senza fili) una comunicazione tra dispositivi elettronici.

In Italia la situazione è piuttosto deprimente e anche nella nostra Valle d'Aosta, dove una parte di un progetto - finanziato pure dall'Europa - chiamato eloquentemente "Partout" avrebbe dovuto coprire alcune zone con la connettività "wi-fi". Spiace dire da utente che l'uso di questa rete è complesso nella registrazione, da ripetere se ci ci sposta altrove pur col medesimo servizio, per ottenere una connessione lenta, che si abbandona per la disperazione. Sarebbe bene, specie quando ad occuparsi è una società pubblica come la locale "In.Va.", che gli esiti fossero ben più soddisfacenti, essendo nati una logica di servizio pubblico. Ma si vede che la famosa concorrenza delle volte farebbe proprio bene. Eppure non sfugge il fatto di quanto la connettività sia importante. La stessa "In.Va." si sta occupando della rete in fibra ottica che dovrebbero far fare alla Valle d'Aosta un salto di qualità. Analoga operazione di cablaggio di molti anni fa sull'asse centrale della Valle restò avvolta nel mistero dei suoi esiti reali, anche se allora c'erano tutti i presupposti per essere all'avanguardia. Ora si aspettano gli esiti dell'operazione in corso di cui il sottoscritto, un utente finale qualunque, stenta ad avere informazioni, come se quel che contasse è più fare i lavori con un budget molto cospicuo, piuttosto che sfruttare i servizi possibili con forme di connettività molto performanti. Chi mi legge sa che, risolta la "frattura digitale", cioè il rischio di iniquità nelle coperture del territorio, specie fra zone redditizie e quelle considerate marginali, resta per me da risolvere la "frattura culturale" e cioè l'eguaglianza nell'alfabetizzazione informatica della popolazione e soprattutto la fornitura dei servizi che eviti che le Reti restino in buona parte inutilizzate. Bisogna soprattutto sfruttare a modo le enormi potenzialità di utilizzo per le persone, le famiglie e le imprese nella vasta gamma possibile. Tim Berners-Lee, l'informatico britannico co-inventore di Internet, ha scritto: «Il Web è più un'innovazione sociale che un'innovazione tecnica. L'ho progettato perché avesse una ricaduta sociale, perché aiutasse le persone a collaborare, e non come un giocattolo tecnologico. Il fine ultimo del Web è migliorare la nostra esistenza reticolare nel mondo».
Internet, oggi considerato in Europa meritevole di essere servizio universale, va ineluttabilmente verso il servizio pubblico essenziale, specie laddove - come in larga parte delle zone montane - il mercato furbeggia, offrendo poco o persino desertificando.