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08 ago 2019

Emergenza pipì (bau!bau!)

di Luciano Caveri

D'estate corro al mattino presto e vedo uscire dalle case, a Saint-Vincent dove abito, padroni assonnati con uno o più cani, non sempre al guinzaglio. Escono per far fare i bisogni ai loro cani. Malgrado un'ordinanza comunale che obbliga a dotarsi di una bottiglietta d'acqua per dilavare la pipì, solo una coppia che vedo quasi sempre adempie a questo obbligo, gli altri non lo fanno e dubito che ci siano state multe, pur previste. Più praticato è semmai il famoso sacchettino per la cacca dei cani, che risolve solo parzialmente il problema dell'imbrattamento e non mi dilungo per buonsenso sul fatto che le feci possano avere diversa consistenza. Ci scandalizzeremmo giustamente se un essere umano si mettesse a fare per strada quel che fa il suo cane e in un mondo alla rovescia potrebbe capitare davvero e servirebbe, sul filo del paradosso, a mettere un po' di ordine agli eccessi e capiremmo con occhi e olfatto «l'effetto che fa».

Ammetto che, di fronte a mille problemi drammatici, questa questione della deiezione dei propri cani potrà anche fare sorridere. Nel caso di un paese come Saint-Vincent, dove il centro ha una pavimentazione in pietra, le facciate della case danno sulle vie e esistono grandi vasi con basamento la questione del danneggiamento di beni pubblici è elevatissima, ma molto sottostimata da molti proprietari dei quattrozampe. Se mi è capitato di farlo notare - per entrambi gli escrementi - quasi sempre mi sono sentito dire di farmi i fatti miei, talvolta con crisi di nervi e persino benaltrismo di qualche interlocutore, del genere. «Pensa agli immigrati» o amenità del genere. E' invece un tema che va affrontato per l'autentica esplosione ne numero di cani che hanno di fatto cessato il ruolo tradizionale di cani da difesa delle proprietà o di cani pastore per i contadini con l'ampliamento a dismisura del fenomeno dei cani da compagnia. I cani ormai fanno parte, come se fossero persone, della famiglia, talvolta diventando veri e propri figli, cui ci accosta come se fossero esseri umani. Ho sempre amato i cani che ho avuto (tre cani lupo e un golden retriver), ma - da figlio di veterinario - non li ho mai "umanizzati" per rispetto verso questi animali che non sono ninnoli da rendere bambinelli, ma sono specie con loro caratteristiche. Entrate in uno dei negozi per i "pet" (anglicismo che sta per "animale domestico") che si sono moltiplicati e troverete oggetti, tipo giocattoli, vestitini e altro ancora che gridano vendetta. Ma torniamo ai famosi bisognini, perché esiste una giurisprudenza che ruota attorno sentenza della Corte di Cassazione 7082/15, riferita ad un fatto accaduto a Firenze, contiene una sorta di vademecum per i proprietari dei cani che dovranno "ridurre il rischio che questi possano lordare i beni di proprietà di terzi quali muri di affaccio degli stabili o i mezzi di locomozione ivi parcheggiati". Questa la sintesi: "il proprietario deve mettere in atto una attenta vigilanza sui comportamenti dell'animale; deve limitarne libertà di movimento in modo che non sia totale (se del caso tenendolo con un guinzaglio); deve intervenire con atteggiamenti tali da farlo desistere - quantomeno nell'immediatezza - dall'azione; nell'impossibilità di vietare al cane di fare pipì è bene portarsi dietro una bottiglietta d'acqua per ripulire". Diversamente, si può imputare al proprietario "sciatteria o imperizia nella conduzione dell'animale", tutte situazioni riconducibili, comunque, "a colpa ma non certo al dolo". Sottolinea la Corte che "al di là dei possibili aspetti sanzionatori, in chiave penale o amministrativa, delle condotte, deve vigere il rispetto dei principi di civiltà e di educazione. Si richiede, quindi, di porre attenzione durante la condotta del cane sulla pubblica via, il comportamento del padrone è corretto nel momento in cui cerca di ridurre il rischio di sporcare i beni di proprietà di terzi". Per quanto riguarda eventuali multe, "occorre verificare i regolamenti comunali di igiene urbana che si occupano della materia". Ogni Comune decide per sé e crea multe ad hoc nel caso di imbrattamento di beni comunali o appartenenti a terze persone. Sulla questione dell'acqua c'è chi - con buone ragioni - segnala come, specie con cani di grossa taglia, utilizzare solo l'acqua serve solo ad allargare la macchia e il raggio d'azione e di danno del liquido organico. Naturalmente c'è chi risolve la questione cacca e pipì facendo andare il cane nelle aree verdi o - giuro che ne ho visti - nelle aree giochi per bambini, laddove non presidiate. Si sappia che usare i prati coltivati non è una grande idea anche per una questione tecnica. Mentre il maschio marca il territorio con frequenti schizzi di pipì di piccolo volume, sufficienti forse a danneggiare alcune foglie tra le più basse di un cespuglio, ma non a penetrare profondamente nel terreno bruciando le radici, la femmina invece, quando scarica, si accuccia e svuota completamente la vescica tutta in quel punto. Appariranno allora le famose macchie rotonde, prima brunastre e poi gialle, in cui il prato seccherà in breve tempo. Si formeranno i bordi esterni molto più scuri con crescita abnorme di quella porzione di manto erboso (elevata concentrazione di azoto). Forse sarebbe meglio designare in ogni città dei posti riservati agli animali - tocca agli esperti dirci come concepiti, imitando esempi già esistenti nel mondo - che siano distribuiti in modo da permettere un accesso comodo per i proprietari, restando sempre necessarie regole di buona educazione e di civismo che tutti dovrebbero conoscere anche a tutela dell'onorabilità dei cani!