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22 lug 2016

Il pressing sul raddoppio del traforo del Bianco

di Luciano Caveri

I nodi prima o poi vengono al pettine e non ci vogliono grandi capacità previsionali per capire che, sopra tutto come una cupola incombente, ci sono spesso reti d'interesse che si muovono con i loro tempi, scegliendo il momento ritenuto più giusto per ottenere quello che vogliono da tempo. Così anche l'Autonomia speciale della Valle d'Aosta appare pronta, in certe circostanze e per chi ne fa un uso strumentale, ad essere piegata - direi "prona" - rispetto a certe esigenze. Leggo con crescente stupore il nuovo approccio al raddoppio del Monte Bianco. Per una decina d'anni la Società del Traforo, in mano al gruppo Benetton perché ha seguito il destino della privatizzazione del "Gruppo Autostrade", ha spinto per una nuova canna in un clima di contrarietà delle autorità politiche valdostane in linea con quelle francesi. Ed anche in coerenza con la politica europea che vuole spostare più merci possibili dai camion alla ferrovia. Come giustificare, se così non fosse, opere colossali come il nuovo e appena aperto tunnel ferroviario del San Gottardo e i costruendi tunnel ferroviari sulla tratta "Torino - Lione" e lungo il Brennero?

Così nel nostro caso dei "Tir", motore dei guadagni dei trafori stradali non si parla, così come non si parla degli appetiti di grandi gruppi di costruzione per cantieri di "grandi opere" come il raddoppio del Monte Bianco. No, si agitano due spettri, quello della sicurezza perché una galleria a doppio senso di circolazione è più pericolosa di una galleria doppia a un solo senso di marcia e perché - nuovo cavallo di battaglia - la manutenzione di un tunnel singolo potrebbe portare a lunghe chiusure e dunque ad un isolamento della Valle d'Aosta. Cancelliamo questo secondo punto perché messo così significa prendere i valdostani per cretini e guardiamo al primo punto: la sicurezza, che stride con i lavori di ammodernamento seguito alla nota tragedia del 1999. Si è sbagliato nel farli, ad esempio nella sagomatura del traforo che obbliga ai convogli dei camion frigo e, se la risposta è positiva, chi ha sbagliato in fase progettuale? Come mai non si propone - se la sicurezza è il punto - un tunnel di sicurezza come quello in costruzione al traforo del Gran San Bernardo e che fu sostenuto dal Consiglio Valle nel 2009? La verità è che si vogliono incrementare i camion e ciò avverrebbe - lo annoto en passant - con un'infrastruttura autostradale afferente, quella della "Sav" da Quincinetto ad Aosta e nei precedenti pezzi della "Ativa" in arrivo da Torino e Milano, che non è concepita per volumi di traffico crescente e sente il peso degli anni e di lavori di ammodernamento non sempre all'altezza. Davvero si pensa che un certo percorso impostato sia coerente con la "Convenzione alpina" e con l'idem sentire, portando più "Tir" sotto il Monte Bianco? Non esistono tecnologie di traghettamento dei camion diverse, ammesso che sia logico farlo, visti i già citati nuovi tunnel ferroviari? Ma si rilancia il raddoppio e non lo si fa, come avvenuto sinora, direttamente da parte della società del tunnel, ma lo fa direttamente il Governo Renzi finanziando en cachette l'opera fra quelle strategiche dell'Italia futura e lo fa il presidente della Valle, Augusto Rollandin, dopo avere rafforzato la sua maggioranza, prima con dichiarazioni pubbliche e solo in seguito con un voto del Consiglio regionale valdostano della settimana scorsa, che ratifica di fatto una scelta già avvenuta in solitudine. Non resta che seguire il dossier e farlo con curiosità per capire come si voglia approfittare della debolezza europea attuale per bypassare i dubbi della Commissione sul raddoppio ed il «no» secco delle autorità francesi. Ma, si sa, come certa commistione fra politica e grandi interessi economici sappia muoversi con grande abilità, scegliendo sempre quando far rivivere questioni che apparivano in sonno.