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21 lug 2016

Matrimonio d'amore o d'interesse?

di Luciano Caveri

Mettiamoci sempre un pizzico di buonumore nell'esaminare le cose del mondo e la politica spicca sempre per certe situazioni che creano sbigottimento e la sorpresa suscita la voglia di trovare chiavi di lettura originali. Chissà - ad esempio - se esista o no un'analogia fra un libro che fece molto discutere, anni fa, in Francia e l'evoluzione di certa politica. Mi riferisco a "Le mariage d'amour a-t-il échoué ?" di Pascal Bruckner ("Grasset"). Per capirci traiamo il filo del suo ragionamento da un'intervista all'autore di Patrick Demailly nel "Nord Eclair": «C'est un constat de semi-échec, en tout cas de crise grave. On peut dire qu'un siècle après son invention, le mariage d'amour n'est pas en meilleur état qu'était le mariage bourgeois à la fin du XIXe siècle. Il y a aujourd'hui 35 pour cent de mariages en moins, on divorce de plus en plus».

Così spiega più avanti: «Auparavant, c'était la raison, l'intérêt qui faisaient la loi, la transmission d'un bien ou d'un nom. Là, l'amour est devenu presque un dogme. On a même vu au début du XXe siècle un député qui voulait inscrire l'amour comme condition obligatoire qui présidait à la cérémonie. Ce dogmatisme est aussi bête que l'ancien et au fond, la seule ligne de partage qui doit séparer les gens, c'est le mariage libre ou le mariage forcé. On peut librement se marier par intérêt mais le mariage forcé est insupportable». Insomma: è evidente l'analogia fra il matrimonio d'amore e le alleanze politiche pre-elettorali destinate poi a separazioni e divorzi, che si trovano ad essere cinicamente ma prosaicamente sostituite dal matrimonio d'interesse che, senza tener conto della volontà degli elettori, consente di cambiare facendo finta di niente e contando su elettori abbacinati dai racconti sui vantaggi di queste operazioni chiamate in linguaggio politico "trasformismo". Lo "Zingarelli" così illustra questa pratica dell'Italia liberale, che rinasce spesso sotto nuove forme: "Metodo politico che consiste nell'utilizzare spregiudicatamente persone o gruppi politici diversi, in modo da impedire che si formi una vera opposizione. Il termine fu usato in particolare, con accezione fortemente negativa, per designare la politica di Agostino Depretis (1876), proseguita poi da Francesco Crispi e Giovanni Giolitti, che, esauritasi ormai la forza antagonista della destra e della sinistra storica, riusciva a coinvolgerne i membri nella maggioranza attraverso accordi programmatici di respiro limitato e manovre clientelari". In francese si può usare il suggestivo "caméléonisme" dal rettile squamato che cambia colore per mimetizzarsi. Così come, specularmente, all'italiano "voltagabbana" corrisponde il francese "girouette". L'Union Valdôtaine - con una leadership ormai italianissima nei metodi - lo ha fatto nella scorsa Legislatura, aprendo l'alleanza al partito di Silvio Berlusconi, antagonista alle elezioni. Ha ripetuto l'operazione in questa Legislatura, imbarcando nella maggioranza regionale due forze votate dagli elettori per stare all'opposizione come Partito Democratico ed Union Valdôtaine Progressiste. Casi esemplari di matrimoni d'interesse e naturalmente per acquistare nuovi membri di maggioranza ci deve essere chi è contento di farne parte nella logica, ancora più antica, del "do ut des", formula di origine giuridica che si usa per dire che si fa un favore per riceverne un altro. Mi scandalizzo? No, di certo. Ma sarebbe bene chiamare le cose con il proprio nome: "matrimonio d'interesse". Chiarendo anche chi da questo interesse ci guadagni veramente, specie se si evoca - per creare nebbia artificiale - la vecchia formula dell'interesse collettivo e il prezzemolo del "bene comune". Beato, insomma, chi ci crede.