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25 nov 2015

Il Natale e il Diritto

di Luciano Caveri

Cominciamo dal più semplice per poi arrivare al più complesso. Piano piano questo periodo dell'anno si colora di Natale. Per me la lunga rincorsa verso questa Festività finisce per essere qualcosa di piacevole e mi pare che certi eccessi di politica commerciale che retrodatavano eccessivamente il Natale si siano infranti contro la crisi economica, che ha limato in profondità i budget pubblicitari. La "Treccani dei ragazzi" così sintetizza: "Il Natale come lo celebriamo oggi nasce a Roma nei primi decenni del Trecento. Da allora si è progressivamente diffuso in tutto il mondo e oggi è senz'altro una delle ricorrenze religiose che toccano più in profondità il sentimento di molti popoli. Attorno alla liturgia religiosa è nata e si è diffusa una grande varietà di riti e di abitudini popolari che danno un significato particolare ai giorni che precedono e che seguono il 25 dicembre (spesso, come in Italia, giorni di vacanza dal lavoro e dalla scuola)".

Nel Natale si incrociano riti pagani che già occupavano questo spazio dell'anno (pensiamo alle luminarie, all'albero, al vischio) e espressioni della modernità che prescindono dal significato religioso (i doni, gli auguri, lo svago). Insomma: molti ragioni mettono assieme i valori del Natale di chi è cristiano e si ritrova nella coppia natalità-maternità con chi, laicamente, si riconosce in aspetti universali come la Pace e la Fratellanza. Ecco perché non capisco quando in nome del rispetto della diversità religiosa spariscono nelle scuole simboli come il presepio, l'albero addobbato e persino Babbo Natale per non "ferire" chi è, ad esempio, musulmano. Non si tratta di imporre niente a nessuno e va bene operare tutti i distinguo che esprimano rispetto per gli altri, ma l'integrazione culturale implica anche la conoscenza della tradizione e del vissuto di dove si decide di stare. Io rispetto il tuo credo, i tuoi usi e costumi, ma non modifico i miei perché a te non piacciono. Ecco perché penso che le terribili vicende di questi mesi devono convincerci a fare ancor di più del Natale il "nostro" Natale e dire anche a chi è scettico che, senza usare violenze, ci sono aspetti che possono cementare conoscenze e amicizie. L'integrazione in una comunità non significa rinunciare a sé stessi, ma impegnarsi nel capire dove si vive e individuare quelle passerelle che consentono una vita comune, che non è la separatezza a compartimenti stagni. Mai come in questo momento, dunque, c'è bisogno di elementi unificanti. Uno è quanto, ben spiegato e senza ferire sensibilità, esiste appunto nel Natale. E' un banale banco di prova che sottende qualcosa di molto più complesso. Nella convivenza reciproca bisogna anche definire le regole che consentono di accettarsi reciprocamente nel rispetto della diversità. Si tratta di un esercizio difficile perché ognuno crede che il proprio di modo di essere e di comportarsi sia quello giusto. Ecco perché nel Diritto si sono fissate norme e prassi che definiscono una ragnatela di riferimento e che consentono di capire come ci si debba comportare. Nel nostro essere cittadini di uno Stato laico, che certo ha anche radici nella religione, abbiamo definito aspetti che ci obbligano a certi comportamenti senza i quali verrebbero meno certezze e si scatenerebbero liti e conflitti pericolosi. Anche di questo bisogna parlare: non va bene se in una comunità c'è chi nega il valore di quei diritti e doveri incomprimibili per i nostri standard di civiltà. Se non ci si adegua, esattamente come chi disprezza il Natale, allora non esiste niente altro che il «prego, si accomodi», che è meglio di una guerra intestina che può produrre mostruosità.