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25 nov 2015

L'oasi dello Zecchino d'Oro

di Luciano Caveri

La nostra mente permette di tornare indietro nel tempo senza metterci a scartabellare nei cassetti fra vecchi documenti e fotografie del passato. La memoria alimenta i ricordi, che arrivano come un flusso disorganizzato e non con l'esattezza di una registrazione. Scriveva Gabriel Garcia Marquez: «La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla». Ci riflettevo gettando lo sguardo alla nuova edizione dello "Zecchino d'Oro", che al mio bimbo più piccolo interessa e i nuovi brani saranno, con il cd apposito, colonna sonora di molti trasferimenti in auto sino allo sfinimento e all'ovvia conseguenza che finisco pure io per imparare a memoria le canzoncine...

La macchina del tempo ci può fare tornare indietro al 1959 (in verità ero appena nato) e a quel personaggio eclettico, importante per la storia della televisione, che è stato il quasi novantenne Cino Tortorella, per la mia generazione l'indelebile "Mago Zurlì" (protagonista anche di spassosi duetti con Topo Gigio). E' stato lui nel 1959 ad inventare la prima edizione dello "Zecchino d'Oro", che poco dopo venne legata ai frati dell'"Antoniano" di Bologna, istituzione che dagli anni Cinquanta si occupava di un originale mix fra solidarietà e spettacolo, diventata da alcuni anni una Fondazione con numerose attività nel Sociale. Compreso il celebre spettacolo televisivo in un lungo sodalizio con la "Rai". Se torno alla mia infanzia, mi vedo bambino nel tinello (parola morta e sepolta) davanti alla televisione in bianco e nero, più mobile che elettrodomestico, a vedere lo "Zecchino" nella "TV dei ragazzi" nel tardo pomeriggio. Era una televisione pionieristica, sempliciotta ma efficace, che proponeva questi bambini miei coetanei, ruspanti e non costruiti con molte canzoncine che sono per sempre nel mio repertorio. Gli interpreti ed il celebre coro non hanno seguito certe mode di nuove trasmissioni con sfide canore fra bambini, che cantano e si atteggiano da adulti. Piccoli mostri nati nelle menti di autori malvagi che mirano all'audience e assecondano genitori che sognano soldi e successo sulle spalle dei loro pargoli. L'Antoniano resta, sotto questo profilo, uno spazio diverso e, anche se la comparazione con gli albori non è fattibile, specie perché le circostanze di un tempo ne facevano un vero e proprio fenomeno sociale oggi non più esistente, c'è sempre una qualità importante. Mi riferisco in particolare agli autori - parolieri e musicisti - che creano molti brani che hanno livelli di scrittura e di lettura inesistenti in gran parte di quella che un tempo veniva chiamata "musica leggera". E' davvero uno choc vedere i volti sorridenti dei bambini dello "Zecchino" e pensare ai bambini sprofondati nell'orrore degli attentati parigini. Sulle televisioni francesi ho visto storie terribili di bimbi che hanno sfiorato l'orrore e sono sconvolti e attoniti e ho ascoltato il racconto delle vicende familiari terribili dei tanti morti che hanno lasciato degli orfani. Uno strazio indicibile. Questo naturalmente vale per tutti i bambini del mondo, vittime di guerre, violenze, paure. Ha scritto Carl Sagan: «Un essere extraterrestre appena arrivato sulla Terra - esaminando le informazioni che forniamo ai nostri bambini in televisione, alla radio, nei film, sui quotidiani, nelle riviste, nei fumetti e in molti libri - potrebbe facilmente concludere che ce la mettiamo tutta per insegnare loro la violenza, lo stupro, la crudeltà, la superstizione, la credulità e il consumismo. Grazie alla nostra costanza e alla continua ripetizione, in molti casi parecchi bambini alla fine imparano proprio questa lezione. Che tipo di società potremmo creare se profondessimo lo stesso impegno nell'insegnare la scienza e un senso di speranza?». Per questo lo Zecchino d'Oro, con tutta l'ingenuità e il rischio di un clima un po' artefatto, resta un'oasi.