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29 ago 2015

Maggiore età e figli che crescono

di Luciano Caveri

Strana cosa la vita, che teniamo nelle nostre mani solo per un pezzettino e che per il resto, come una nuvola sfuggente nel cielo, segue spesso dinamiche proprie, la cui origine divina o terrena dipende dalle proprie convinzioni. Vita che è costellata di passaggi obbligati, come tappe nostre e altrui, che si incastrano nel flusso della nostra esistenza. Così anche mia figlia Eugénie (Marie Claudine) si appresta a compiere diciotto anni, diventando maggiorenne, come lo è da due anni Laurent, suo fratello più grande. La maggiore età venne spostata nel 1975, in una riforma del diritto di famiglia, dai precedenti ventun anni agli attuali diciotto ed io ci entrai per un pelo, visto che li compivo nell'anno successivo. Sono ormai quasi quarant'anni fa, eppure quel traguardo che ha un significato prevalentemente giuridico assume anche aspetti diversi nel complesso rapporto fra genitori e figli. Un passaggio.

Avendo un terzo figlio, il piccolo Alexis di quattro anni, misuro questa vicende non solo con i ricordi, ma anche con la quotidianità. I figli crescono in fretta e ci sono momenti e età che vorresti fermare, se ci fosse una apparecchiatura per farlo, come avviene nei filmati con il "fermo-immagine". Vorresti tenerli così, quando sono affettuosi e coccoloni e pendono dalle tue labbra per sapere e capire, cuccioli di uomo quali sono, avendo come primo modello - responsabilità gravosa - la loro mamma e il loro papà. Cui spetta quella responsabilità genitoriale che è piena di cose da fare e che si affrontano sempre di corsa, perché i bambini crescono come funghi e non è solo una questione di guardaroba da rinnovare, ma soprattutto di visione talvolta stupefatta dei loro progressi mentali sin dalla culla. Ho scritto tante volte che facciamo studi e esami per tutto, ma come genitori ci troviamo sempre ad imparare a fare questo mestiere di crescere i bambini senza una patente e dunque muovendoci a tentoni fra i mille suggerimenti di chi lo ha già fatto e seguendo l'istinto e non solo la razionalità. I figli sono come una gigantesca batteria che ci comunica con la loro energia che cosa sia la voglia di vivere e il legittimo desiderio di crescere nella catena di cui facciamo parte nell'avvenire della nostra specie e, nel piccolo, della nostra discendenza. Loro, i nostri bambini cresciuti troppo in fretta, ci hanno insegnato tante cose quante noi ne abbiamo insegnate loro. Alcune - penso alla tenerezza di un bacio o uno sguardo di richiesta di aiuto - sono figurine che diventano come indelebili e si appiccicano assieme ad altre migliaia nel nostro cuore.

Ha scritto Paolo Coehlo: "Un bambino può insegnare sempre tre cose ad un adulto:

  1. A essere contento senza motivo.
  2. A essere sempre occupato con qualche cosa.
  3. A pretendere con ogni sua forza quello che desidera".

Così, quando diventano maggiorenni e magari con la ruvidezza degli adolescenti che facendosi adulti ci fanno un po' soffrire per quel distacco che serve per spiccare il volo per la loro vita, verrebbe voglia di dire loro «grazie». Grazie di essere apparsi nella mia vita e da minuscole creature cui ho dato il benvenuto in sala parto, accanto alla loro mamma, avete illuminato la mia vita, anche se certo avrei potuto essere un padre migliore, perché siamo sempre bravi a crearci rimpianti. Ma bisogna capire che dalla nascita di voi bambini in poi non siete solo voi a crescere, ma anche noi nel nostro nuovo ruolo che cambia la nostra stessa vita, in cui tra l'altro c'è chi cresce e chi invecchia. La verità è che il dono di dare la vita è la cosa più grande, compresa la speranza che in voi resti qualcosa di noi e non per chissà quale egoismo, ma perché all'atto del vostro concepimento vi diamo per noi e per chi lo ha già fatto per noi il testimone nella straordinaria staffetta della vita. Auguri, figlia mia. Ti regalo qui una piccola frase dal "Le Petit Prince" di Antoine de Saint-Exupéry, che vale per entrambi: «L'avenir, tu n'as pas à le prévoir, mais à le permettre».