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28 ago 2015

Colonie 2.0?

di Luciano Caveri

Le definizioni cambiano talvolta nel tempo, a seconda delle situazioni. Una volta, quando si parlava di "famiglia allargata", si andava abbastanza a colpo sicuro perché - da dizionario - si intendeva "un gruppo più grande di più di una generazione di persone tra loro imparentate. Questi possono essere i genitori con i loro figli e nipoti, zii, zie o altri parenti. In certe situazioni veniva inclusa anche la servitù. I membri della famiglia vivono perlopiù in un'abitazione o in un insediamento e costituiscono un'unità economica". Quest'ultimo riferimento aveva come esempio classico la vasta famiglia contadina, mentre nelle famiglie borghesi di città poteva voler dire una casa con diversi appartamenti, dove vivevano le persone imparentate, prescindendo dalle professioni di ciascuno.

La sostanza è che questa rete aveva aspetti solidaristici, che nel tempo si sono sempre più rarefatti e molte sono le famiglie, nella versione ristretta con uno o due figli, che non possono neppure contare, per diverse ragioni, sui nonni, che sono rimasti spesso per chi li ha a disposizione la sola àncora di salvezza per madri e padri in periodo di vacanza delle scuole. Per altro, per chiudere il cerchio, per "famiglia allargata" si intende sempre di più la complessa rete parentale che deriva da separazioni e divorzi con legami che finiscono per andare al di là della parentela tout court. Ci pensavo osservando con curiosità un continuo e progressivo aumento di importanza dei cosìddetti "centri estivi", una specie di evoluzione delle colonie di un tempo. Cosa siano state le colonie del passato ai bambini più piccoli di oggi va ormai raccontato ed in una regione come la Valle d'Aosta è abbastanza facile farlo. Basta guardare cosa resta sulle "Pagine gialle" (dove "colonia" viene associata ad "elioterapia"!) o imboccare una qualunque vallata per farsene un'idea. Pensiamo - ma solo per fare un esempio che potrebbe essere moltiplicato in altre zone con perfette analogie - alla Val d'Ayas, dove sono numerose le vestigia o sopravvivenze di stampo confessionale, gestite cioè da parrocchie o ordini religiosi, ma ben presenti sono anche casi, ormai dismessi, di colonie aziendali (penso alla "Olivetti" di Brusson, oggi clinica) o persino comunali (la colonia di Genova ad Ayas da anni oggetto di un tentativo di realizzazione immobiliare dopo la vendita). Specularmente, cioè per i bambini valdostani, esistevano immobili comunali al mare (Aosta aveva Pinarella di Cervia) o di aziende (la "Cogne" a Cavi di Lavagna). Ricordo poi la sfortunata operazione di acquisto della Regione, di cui non ho mai capito bene le ragioni, di un grosso immobile che era appunto una colonia, forse destinato agli anziani, a San Romolo di Sanremo. Nel tempo, ma non è qui il momento di approfondirlo, le colonie tradizionali sono andate in crisi e va anche riconosciuto che, accanto a modelli pedagogici di avanguardia, c'erano anche residui del passato, quando certe colonie erano lager in miniatura. Ricordo da bambino a Porto Maurizio i coetanei di una colonia inquadrati in spiaggia, che facevano fugaci bagni a colpi di fischietto e con ordini da caserma. Ma torniamo alla tema delle famiglie ristrette e con genitori occupati, spesso senza risorse parentali, a differenza del passato. Questo ha innescato - lo dico dall'osservatorio del mio bimbo più piccolo - una rincorsa crescente alle iniziative più disparate che servano ad ospitare bambini e ragazzi. Spesso sono iniziative imprenditoriali, specie attraverso le cooperative, talvolta esiste una partnership con i Comuni o spesso sono gli Enti locali ad assegnare i servizi. Poi ci sono gli oratori. Sempre in area pubblica ci sono anche lodevoli laboratori didattici, che non occupano l'intera giornata, messi in piedi dai Musei (penso al "Baron Gamba" a Châtillon ed al "Mav" a Fénis) o dall'Office du tourisme. Devo dire che l'offerta che ne risulta è interessante e non è solo un'evoluzione del doposcuola o del babysitteraggio, finendo - per chi voglia approfittarne e ci sono anche turisti e non solo residenti - per offrire momenti assai stimolanti per i bambini che non solo stanno insieme divertendosi, ma trovano momenti di svago, di sport e spunti d'apprendimento e di stimolo intellettuale. Penso che il modello possa evolversi molto e forse potrebbero essere proposte, specie in località minori della Valle, delle "colonie 2.0", frutto dell'intelligenza imprenditoriale di chi voglia buttarsi nell'avventura per rispondere con un'offerta a una domanda crescente.