Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
12 ago 2015

Nessuna strategia sui migranti

di Luciano Caveri

Sui migranti che approdano in Italia via mare sulle coste del Mediterraneo e via terra attraverso i Balcani c'è chi scherza con il fuoco a tutti i livelli. Nel senso che il flusso continua e mancano delle politiche di risposta ad un fenomeno per nulla passeggero ma dai profili ormai epocali. L'Italia non ha una strategia nazionale in materia e questo si riverbera su tutti i livelli di governo, anche regionale e comunale, dove trionfa la logica del "fai da te". Idem per il quadro europeo, dove invece la normativa è vastissima, ma le emergenze fanno sì che ognuno si chiuda nei propri egoismi e a chi si trova con la "patata bollente" tocca risolversela alla fine in solitudine. Peggio ancora il livello internazionale, dove sono tutti bravi a far retorica ed a votare dichiarazioni mirabolanti, ma poi l'unica vera efficacia ce l’hanno le Mafie internazionali nel fare coi migranti una vera e propria tratta, degna dello schiavismo di un tempo (per altro fenomeno non del tutto sradicato).

Per cui si inseguono le emergenze, che siano i morti in mare nel tratto di mare tra Africa e Europa, quelli che aspettano di entrare nel Regno Unito a Calais imboccando di nascosto l'Eurotunnel o i migranti nascosti nei boschi della Serbia sperando di entrare nell'Unione Europea attraverso l'Ungheria, dove vogliono costruire un muro vero e proprio, che c'è già da tempo a Ceuta, enclave spagnola in Marocco. In questa situazione grave, che appare e scompare sulle prime pagine a seconda dell'entità delle stragi, tutto appare come sospeso in un limbo e cresce lo spazio per chi, come avviene in Italia e pure in Valle d'Aosta, cova sordi rancori che per ora sono malumore nei confronti dei nuovi venuti, ma si sa bene che il passo verso la xenofobia ed il razzismo non è così lungo come si possa pensare. Specie in un'epoca di difficoltà economiche ed occupazionali come questa in cui generosità e carità non sono facili come quando le cose vanno a gonfie vele. Chi semplifica la situazione non si rende conto della deriva possibile. Molto ruota, anche se si fa finta di niente, sulle complesse procedure che trasformano un immigrato che entra in Italia e in Europa senza averne diritto, anche se è brutto scriverlo, in una persona che diventa invece un rifugiato politico. Propongo, da un testo qualunque, un breve memento: "Il diritto d'asilo è annoverato tra i diritti fondamentali dell'uomo, riconosciuti e salvaguardati dall'ordinamento italiano. La nostra Costituzione lo prevede all'articolo 10, comma 3, dove sancisce che: "lo straniero, al quale sia impedito nel suo Paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge". Secondo lo Stato Italiano dunque, può presentare domanda di asilo ciascun individuo a cui sia impedito, nel Paese d'origine, l'esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana. Attualmente l'Italia è ancora sprovvista di una legge nazionale organica sul diritto d'asilo che dia attuazione all'articolo 10 della Costituzione". Partiamo dall'ultima frase: la legislazione italiana, sempre all'insegna della "complicazione degli affari semplici", come si evince guardando l'insieme delle procedure, ha già questa ombra di partenza e cioè la mancanza di una normativa organica, mentre vige la sovrapposizione di quanto si è susseguito nel tempo. Questa è la prima necessità: avere un quadro giuridico di riferimento che non faccia acqua. Poi naturalmente bisogna capire come funziona con chi non richiede l'asilo perché sa di non averne diritto e chi non l'ottiene, visto che dai dati assodati solo il dieci per cento dei richiedenti ha diritto allo status di "rifugiato". Teoricamente, ma anche qui si scopre che siamo il "Paese degli Azzeccagarbugli", scatta l'espulsione. Confesso che, malgrado molte ricerche, non sono venuto a capo di una percentuale reale di applicazione di questa misura, che è vigente e dunque non dovrebbe essere aggirabile. Poi naturalmente si può discutere, ma non è questa la sede, se ci debbano essere o no limiti all'accoglienza. Io penso che ci debbano essere, perché altrimenti - come capita spesso con crudeltà di troppo negli Stati Uniti o in Australia - quasi tutti i cittadini dei Paesi poveri prenderebbero la strada dell'Occidente, la cui rappresentazione non è poi quella dell'"Eldorado" che sognano, ma è sempre meglio di certe condizioni di vita che devono subire. Ma par di capire che i nodi più importanti non si vogliano affrontare e si "navighi a vista" con tutte le conseguenze del caso e si alimentino - ma anche come frutto di errori e omissioni - i peggiori pensieri populisti.