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12 ago 2015

Cambiamenti climatici: le Alpi non saranno sicure

di Luciano Caveri

Seguo sempre con curiosità - e lo si vede anche da una certa periodicità nei "tweet" qui a fianco - la stampa svizzera. Non è solo, anche se sarebbe legittimo, un sentimento di viva simpatia per la Confederazione elvetica, specie quella parte romanda che tante somiglianze culturali ha con i valdostani, ma in più ci accomuna, con quello che è purtroppo ancora una frontiera, lo stesso territorio alpino. Quasi tutti i problemi concreti sono tali e quali ed è interessante vedere come vengono affrontati da loro con quella chiave federalista, attraverso una sovranità diffusa e una sussidiarietà praticata, che impregna le loro antiche istituzioni. Così su "Le Matin" di questi giorni appare una polemica assai interessante, specie di questi tempi in cui - con il caldo incredibile di quest'estate - i cambiamenti climatici di cui tanto si parla da anni appaiono davvero a portata di mano con una vasta percezione popolare.

Così l'incipit di un articolo: "James Hansen est inquiet. Le directeur des sciences du climat à l'institut "Earth" de l'Université "Columbia" a publié une étude affirmant que le niveau des eaux pourrait monter dix fois plus rapidement que les dernières estimations, soit trois mètres en cinquante ans. Interrogé sur le lieu épargné par les conséquences du réchauffement, le climatologue a lancé: «La Suisse pourrait être une bonne solution», selon "The Atlantic". L'expert pense que la Suisse pourrait être protégée par la montée des eaux ainsi que ses conséquences. Les autorités helvétiques seraient aussi très concernées par les problèmes environnementaux. Il s'agit effectivement de la première nation à avoir publié, le 27 février, ses contributions nationales au processus de négociation internationale sur le climat, promettant de réduire ses gaz à effet de serre d'ici à 2030 de 50 pour cent par rapport aux valeurs de 1990". A leggere che le Alpi potrebbero essere una sorta di isola felice a fronte di certi disastri all'orizzonte qualche dubbio viene e lo esplicitano già degli autorevoli intervistati nel medesimo articolo: "La Suisse, pays le plus sûr face aux dangers liés au réchauffement de la planète? «C’est un peu réducteur, affirme Martin Beniston, professeur et climatologue à l'Université de Genève. C'est vrai que la Suisse ne sera pas touchée par des ouragans ou des phénomènes liés à la montée des eaux, par contre le milieu montagnard, qui constitue deux tiers du territoire, ne serait pas épargné par des éboulements ou glissements de terrain, par exemple. La Suisse est mieux lotie que d'autres parties du monde, mais elle n'est pas à l’abri». Markus Stoffel, géomorphologue et professeur assistant à l'Université de Genève, sait pour sa part que les montagnes suisses connaîtront à l'avenir une recrudescence d'événements extrêmes. «En 2003 lors de la canicule, on a observé une augmentation des chutes de pierres sur le Cervin. Cette année, l'accès sud de la montagne a été fermé également pour la même raison. L'occurrence de ces chutes est liée aux augmentations de la température». Il faut donc s'attendre à l'avenir à des phénomènes d'une magnitude jamais vue. Thomas Stocker, professeur de l'Université de Berne pressenti pour la prochaine présidence du "Giec - Groupe d'experts intergouvernemental sur l'évolutiondu climat", trouve la remarque de James Hansen, qu'il connaît depuis plus de vingt ans, «intéressante et flatteuse», mais ne partage pas non plus cet optimisme. Il estime qu'il n’existe pas de «meilleur endroit» où vivre: «Dans notre monde globalisé, le changement climatique a des impacts et des conséquences à l'échelle de la planète. C'est un problème mondial, tout le monde est touché et tout le monde doit contribuer à trouver une solution». La forteresse suisse rêvée par le climatologue américaina beau avoir des fondations vacillantes, elle a de quoi faire des envieux". Interessante ricordare come proprio sulle Alpi ci sono rapporti dettagliati che fanno rabbrividire e non rassicurano affatto ed esiste anche uno studio, che commissionai anni fa, a Luca Mercalli, che proprio in un'intervista sintetizzò un problema alpino prevalente, in un quadro di preoccupazioni a livello mondiale: «Come tanti altri processi ambientali, i cambiamenti climatici sono dei fenomeni a scoppio ritardato. All'inizio non percepiamo ancora sintomi particolarmente rilevanti, ma costruiamo cause perché nel giro di decenni e secoli questi diventino irreversibili ed al di sopra delle nostre capacità di gestirli. Ecco perché abbiamo bisogno su questi processi della scienza, che ci spiega perché stanno avvenendo e cosa possiamo fare per evitarli quando c'è ancora il tempo di fare prevenzione. I ghiacciai sono un ottimo indicatore precoce per capire cosa sta succedendo al clima. Sono in aree particolarmente sensibili - alta montagna o zone polari - e con la loro fusione e il loro arretramento sono una sorta di termometro naturale. Purtroppo negli ultimi decenni i ghiacciai di tutto il mondo stanno arretrando e la loro silenziosa voce è quella di avvertirci che qualcosa di drammatico sta accadendo. Anche perché i tassi di fusione sono molto elevati rispetto a tutto ciò che conosciamo del clima del passato. E' importante non ignorare il loro avvertimento. Bisogna agire adesso per il contenimento dei "gas serra" perché altrimenti tra qualche decennio i ghiacciai saranno completamente scomparsi dalle nostre montagne, non avremo più la loro acqua, non avremo più la loro attrazione turistica ma soprattutto sarà molto tardi per moderare gli effetti perniciosi dei cambiamenti climatici per l'intera umanità. Secondo le stime del comitato inter-governativo dei cambiamenti climatici dell'Onu, se non facciamo nulla rischiamo di avere entro la fine di questo secolo un aumento di temperatura anche attorno a cinque gradi in più rispetto al periodo storico pre-industriale. Un aumento di questo genere è in grado di far scomparire tutta la copertura glaciale delle Alpi, salvo qualche cappuccio gelato sulla vetta delle montagne più elevate come il Monte Bianco e il Monte Rosa. Le conseguenze sarebbero importanti per il bacino padano, per la disponibilità di acqua nel Po e di fatto per una delle agricolture più fiorenti e più produttive d’Europa». Lo si è visto, purtroppo, in queste stesse settimane di siccità. E' dunque meglio coltivare più inquietudini che speranze sulle Alpi, perché non potranno mai essere una zona sicura.