Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
30 lug 2013

Vicini ma lontani

di Luciano Caveri

In politica ci sono argomenti che vanno e che vengono e bisogna evitare di avere la memoria corta. Si usa spesso - ma è persino troppo elegante, specie di fronte a amnesie finte o volute - questa immagine del fiume carsico: ogni tanto sparisce e riemerge a molti chilometri. Per un certo periodo, insomma, vi è attenzione, poi un certo tema tramonta e poi magari risorge. E' la speranza che coltivo per quella che una trentina di anni fa si chiamò, prima per il "Consiglio d'Europa" e poi per l'attuale Unione europea, "cooperazione transfrontaliera". In seguito le frontiere - pur con qualche geometria variabile ma con un percorso lineare che ci porta fino ad oggi - all'interno dell'Unione europea sono stati aboliti tutti i controlli alle frontiere sulle merci e i controlli doganali sulle persone, allargati pure a Paesi come la Svizzera. Per cui oggi si tende, con il venir meno delle frontiere, a parlare di cooperazione territoriale, che ha una logica ancora più interessante, perché può riguardare anche territori simili, ma non obbligatoriamente confinanti. E' il caso che ci interessa dei territori montani, che hanno problemi analoghi anche se situati in differenti massicci montagnosi. Perché spero che il tema risorga? Perché ci ho lavorato tanto, ma ormai noto uno sconcertante oblio per una chance che abbiamo e che sembra non solo relegata fra pochi addetti ai lavori, ma addirittura subisca fra i politici una sorta d'eclisse nel suo interesse. Sopravvive - penso ai rapporti con il Canton Valais e altri cantoni svizzeri o al rapporti con la Savoia, i suoi due Dipartimenti e con altri partner di prossimità - per uno sfruttamento dei fondi comunitari e non più per una volontà politica di avere una prospettiva di collaborazione, che vada oltre la logica degli Stati. Dunque una vocazione europeista, la cui crisi profonda si evidenzia dalla morte apparente in cui versa l'Euroregione Alp-Med, cui manca il riconoscimento giuridico del "Gect - Gruppo europeo di cooperazione territoriale", migliorato da poco nella sua base giuridica, e che non parte mai, malgrado molti summit e tanti documenti. Questa distonia fra la retorica spesso adoperata su questi temi e la realtà mi sbalordisce, perché in una democrazia ci dovrebbe essere un controllo e cioè i cittadini dovrebbero essere quelli che vigilano sulle panzane, frottole, balle proprio quando la distanza fra il dire e il fare diventa siderale. Per cui spero che si chieda conto di questa eutanasia di un'idea, quella di un mondo alpino vicino e legato da tempi remotissimi, che sappia lavorare assieme in una moderna concezione europeista. Teniamo, in questo buio, accesa la luce!