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30 lug 2013

Un affresco della Valle d'Aosta

di Luciano Caveri

Ragionare serve e bisogna profittare di spunti che possano servire, come i trapezi per un trapezista, per spostarsi con i propri pensieri, gli unici che garantiscono ai neuroni un salutare esercizio per evitare atrofie. La questione è stata posta per primi da Mauro Caniggia e Luca Poggianti. Dopo aver esplorato anni fa la figura dello scienziato valdostano, Innocenzo Manzetti, scippato ingiustamente delle primogenitura dell'invenzione del telefono, i due hanno cominciato a percorrere diverse strade concernenti la "valdôtaineté" in una logica ad ampio spettro. Così, senza tabù e spinti da una sana curiosità intellettuale, hanno prodotto - nelle diverse vesti di impegno associativo - serie di libri snelli ed efficaci, accompagnati da cicli di conferenze, di cui bisogna rendere merito. Lo faccio con una logica culturale, senza mettere loro - posso affermarlo con nettezza - un "cappello" di appartenenza politica, che certo non gradirebbero. Concordo che ci sono temi che dovrebbero unire e non dividere in una suddivisione partitica, che tende invece a rendere tutto oggetto di disputa, quando certi "fondamentali" dovrebbero essere invece oggetto di memoria collettiva. Condivido ad esempio - e vengo al punto - un loro pensiero: la dizione ufficiale della nostra Regione, sancita in Costituzione all'articolo 116 e sono stato io ad inserire la parte in lingua francese nel 2001, è "Valle d'Aosta - Vallée d'Aoste" e ha il pregio - in linea con la continuità storica dal latino ad oggi - di fissare l'intero territorio regionale, mentre l'uso di "Val d'Aosta - Val d'Aoste" sarebbe giusto se si riferisse alla sola vallata centrale, senza le tredici vallate che, a spina di pesce, originano dalla nervatura centrale. La lunga premessa è accessoria ad una banale osservazione: l'idea di questa Valle d'Aosta policentrica è forse lo sforzo maggiore che bisogna fare oggi nel presentarla ai turisti. Non si tratta di negare singolarità di stazioni montane più famose di altre o di rimarcare paesi che abbiano storia turistica propria, da Aosta a Saint-Vincent attraverso altri Comuni che vantino castelli di pregio o altre attrattive, ma di immaginare la Valle come un affresco. Si tratta cioè di un vasto paesaggio nella sua interezza e questo vale sia che si ragioni con una logica pittorica che letteraria. Non è un'egualitarismo sterile, ma semmai la considerazione di un unicum, che dev'essere la forza trainante di un territorio e questo consente al turista scoperte inattese. Uno sviluppo armonico non è una livella che renda tutto uguale, ma deve evitare - penso a tutte le zone di media montagna - fenomeni di marginalizzazione e valorizzazioni strambe, che diano tutto ad alcuni e poco ad altri.