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25 ott 2012

L'identità negata?

di Luciano Caveri

Mi arrabbio molto e da tempo con chi mette in discussione l'esistenza di una particolare identità del popolo valdostano. Esistono, tous azimuts, i "negazionisti" autoctoni "de nos-atre", che supportano da tempo gli attacchi esterni contro tutto ciò che è alla base del nostro particolarismo. Si legge nell'articolo 1 del decreto luogotenenziale del 1945, che è stato alla base della prima autonomia del dopoguerra: "La Valle d’Aosta, in considerazione delle sue condizioni geografiche, economiche e linguistiche del tutto particolari, è costituita in circoscrizione autonoma con capoluogo in Aosta". Si ritrovano qui gli elementi fondativi. La geografia è fatto comprensibile, che significa "descrizione della terra", in questo caso della nostra terra. Il dato è noto: l'altimetria media della Valle d'Aosta oltrepassa i duemila metri ed è un dato significativo. Montagna che ha forgiato l'identità valdostana e influenza in profondità la seconda motivazione autonomistica del decreto luogotenenziale "condizioni economiche". Oggi, meglio che in passato, abbiamo studiato e valutato in profondità i sovracosti della montagna che erano alla base dei "privilèges" dell'antica autonomia nel millennio di storia comune con Casa Savoia. Ci sono poi le "condizioni linguistiche". La mia posizione è conosciuta: dopo l'uso del latino, le lingue valdostane hanno ruotato per secoli attorno al bilinguismo francese-patois. Più di 150 anni fa, ceduta la Savoia alla Francia e con l'avvento poi del Regno d'Italia, appare sulla scena un problema nuovo, quello dei valdostani come minoranza linguistica. Nel costituzionalismo attuale e nell'insieme del diritto internazionale questo è un problema capitale: essere minoranza linguistica. Questo è uno dei fondamenti giuridici del nostro attuale status identitario, che va tenuto in assoluta evidenza e prevede certo un quadro giuridico di riferimento, ma anche una personale assunzione di responsabilità. Mi era molto piaciuta la conclusione del discorso, dedicata alla nascita dell'attuale autonomia, pronunciato dallo storico Sergio Soave ad Aosta di fronte alla visita del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: «così la storia della Valle poteva aprirsi a una stagione nuova e mai sperimentata. A Federico Chabod che, come moderno Cincinnato, poteva ora ritirarsi dalla vita pubblica, sdegnosamente e senza nulla chiedere, successe Severino Caveri con cui, pur militando nello stesso partito, non erano mancate aspre polemiche. Ma era ormai concluso il tempo dei grandi disegni ideali e dei pensieri strategici. Il quadro interazionale si era stabilizzato. Cominciava l'epoca vischiosa della quotidiana realizzazione dell'autonomia. La lineare e ispirata chiarezza dello storico era servita a conquistarla. Ora occorreva difenderla e rafforzarla. Per vie non sempre facilmente decifrabili e lineari, ma molto efficaci, fu Caveri a tracciare la rotta di questo nuovo compito storico, fondando l'Union Valdôtaine, aprendo alle ali più avanzate del quadro politico locale e insistendo, talora con ossessivo e urticante martellamento, sul tema di un'identità che poteva essere tradita da uno Stato in cui la constatata continuità degli apparati costituiva un permanente, potenziale pericolo. Cosi non sarebbe stato. Nel corso dei successivi anni, e con le nuove generazioni di politici, in una contrattazione mai veramente interrotta, si ritrovarono sempre le regole atte a saldare il patto di fiducia originario. Unità e autonomia furono declinate insieme. E a completare il sogno, sarebbe nata l'Europa. Storia conclusa? Si direbbe il contrario, solo che si pensi al valore universale che possono assumere i concetti di piccola e grande patria nel definire quel senso di identità e di appartenenza senza il quale nessun uomo e nessun popolo può riconoscere se stesso e continuare a vivere nelle tensioni continue del mondo globale». Oggi possiamo dire, purtroppo, che - a solo un anno di distanza da quella visita e da quel discorso sul nobile concetto di "patto" - molti pericoli concreti si palesano. O forse erano solo stati ben nascosti?