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23 apr 2012

Il giusto mezzo

di Luciano Caveri

L'altro giorno, nel corso del dibattito politico svoltosi su iniziativa della sezione unionista di Jovençan, il presidente dell'Union Valdôtaine, Ego Perron, per altro piuttosto giovane in considerazione del progressivo invecchiamento dei decisori politici in Valle (in certi casi sulla scena da trentacinque anni), ha detto che la politica non si fa sui blog, su "Facebook" o su "Twitter". Vorrei dire perché sono d'accordo per determinati aspetti, mentre per altri non sono d'accordo. La politica di certo si fa con le persone e con il contatto umano. Così dev'essere nel rapporto con i cittadini-elettori, che sono al centro della democrazia rappresentativa, e ciò vale anche per le istituzioni. Le assemblee parlamentari e i governi sono luoghi di dialogo e confronto che prevedono l'interazione fra persone. Mi è capitato di dover lavorare in videoconferenza e di essermi trovato bene, ma certo manca qualcosa: quel tratto umano, interpersonale che cementa le conoscenze. Guardarsi negli occhi con un interlocutore e vedere bene le sue reazioni è fondamentale ancora oggi. A me piace parlare in pubblico e, per quanto non abbia problemi a esprimermi per radio o in televisione, nulla offre maggiori soddisfazioni di una sala che segue in silenzio il filo del tuo discorso. Ma la modernità va sempre considerata e i mass media, moltiplicatisi nel tempo con le innovazioni tecnologiche, sono strumenti di comunicazione importanti per la politica. Non si tratta di sostituirli all'incontro personale, ma di trovare un uso intelligente, ad esempio della Rete e delle potenzialità derivanti dai social network. E' necessaria, appunto, una dimensione sociale o meglio comunitaria, nel solco delle tecnologie dell'innovazione, da cui un politico oggi non può prescindere. Questo vale, senza mitizzare modalità d'incontro via Internet, a maggior ragione per una realtà piccola come la nostra, dove i due elementi - prossimità di tipo umano e prossimità digitale - non sono sistemi alternativi ma possono diventare complementari. Si tratta di concepire le modalità di un dialogo fra gli elementi tradizionali  - penso al vecchio comizio, ormai occasione d'incontro con pochi fedelissimi - con modalità di dialogo nuove, come può avvenire in Rete, magari a beneficio di persone altrimenti difficilmente raggiungibili. Nella mia vita politica ho cercato di stare al passo coi tempi. Ricordo l'invio di audiocassette a tutti gli elettori diciottenni alla fine degli anni Ottanta o l'uso di un "numero verde" per dialogare al telefono con gli elettori. Richiamo alla memoria, quando si poteva fare, i comizi in diretta televisiva dal "Giacosa" o dal "Palaceva".  Poi c'è stato l'uso, ormai da molti anni, di Internet e la scrittura quotidiana, mai assegnata ad altri ma sempre di mio pugno (qualcuno dirà: «lo si vede!»), sul sito dove vi trovate ora. Tutto ciò sapendo che, in parallelo, ci sono stati appuntamenti personali, incontri, dibattiti, semplice presenza a manifestazioni e l'attività politico-amministrativa. Quali saranno le future frontiere della democrazia è difficile da dire e comunque è meglio - lo dico a me stesso - essere prudenti sul fatto che tutto sia bianco o nero.