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12 apr 2012

Arrivano le giostre!

di Luciano Caveri

Ci sono dei segni tangibili della primavera, che varrebbe la pena di raccontare, scavando nel tempo. L'arrivo delle giostre nei nostri paesi è fra questi e la loro stagionalità secolare segue l'evoluzione tecnologica. Quando ero bambino, a Verrès, l'arrivo dei piccoli "Luna park" itineranti spezzava la routine. Era anzitutto una presenza "sociale": i nomadi che li gestivano - penso le stesse famiglie di oggi - erano assieme simbolo di trasgressione per una vita immaginata avventurosa (le ragazzine andavano matte per i giovani giostrai che si atteggiavano a maudit) e dall'altra oggetto dei pregiudizi per le molte raccomandazioni di approcciarli, della serie - tipico ammonimento della nonna - «gli zingari ti portano via». Capitava che, come avveniva anche con i circhi, qualche bambino dei "baracconi" (si definivano anche così) finisse nella nostra scuola, ti invitava lui ai "giochi" e le diffidenze sparivano.  Ma, soprattutto. c'era il divertimento. Due i preferiti: gli autoscontri su cui si sperimentava anzitempo la guida e il "calci in culo", la giostra con seggiolini legati a catene sulla quale ci si spingeva alla conquista della "coda di volpe" posta in alto come trofeo. Nell'occasione spendevamo tutto quello che ragionevolmente i genitori ci davano ed era, specie nel pomeriggio, uno dei casi in cui si sperimentava con gli amici una piccola forma di autonomia personale, andando con i soldi in tasca in un posto considerato fuori dal normale. Nella società multietnica la presenza "trasgressiva" delle giostre fa ormai sorridere, mentre la componente "piacere" resta intatta come si sente dalle grida entusiaste dai bambini, pronti a tutto per un giro in più e per impadronirsi di una leccornia dei "baracconi".