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01 mar 2012

Quel nostro ingenuo ribellismo

di Luciano Caveri

Ricordo come, quand'ero studente liceale alla metà degli anni Settanta, protestassimo con assemblee e manifestazioni per la riforma della scuola, nota con le definizione - che poi era lo strumento giuridico adoperato - di "decreti delegati". Il tempo trascorso e forse un'adesione alle proteste piuttosto meccanica e non troppo consapevole non mi consente di mettere a fuoco con esattezza le nostre rimostranze dell'epoca. Vorrei dire, però, che certi momenti di confronto, benché pieni di salutare ingenuità e talvolta eterodiretti da burattinai adulti, erano un'occasione per uscire dagli schemi consueti e, in fondo, per irrobustirci e per apprendere delle cose - tipo parlare in pubblico - che nessuno ci insegnava. Oggi i ragazzi della nostra età di oltre trent'anni fa - ne ho due in casa - sono uguali a noi, perché l'adolescenza è un cocktail di passioni e sentimenti senza tempo, ma sono diversi da noi perché sembrano meno interessati a quel nostro fare politica pieno di entusiasmo e di candore. E noi genitori, diversamente dai nostri di genitori, non abbiamo quelle stesse preoccupazioni che mi pareva attraversassero quegli anni lontani. Il colloquio con gli insegnanti, grande rito che coinvolge papà e mamme che sciamano nei corridoi delle scuole in pomeriggi di lunghe code per parlare con i professori, sono pieni di preoccupazioni concrete sulle diverse materie di studio, ma non da quel "rumore di fondo" delle proteste periodiche di quegli anni. E' un rimpianto soggettivo, autobiografico, e non un appello a ripetere quel ribellismo giovanile di quel tempo che fu, che pure generò qualche mostro prima e dopo gli "anni di piombo". Ogni generazione interpreta il mondo in modo diverso ed è giusto che sia così.