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01 mar 2012

Un'occasione perduta

di Luciano Caveri

Non posso non nascondere il mio dispiacere. Oggi, infatti, sarebbe stata la "Festa della Valle d'Aosta", ormai inglobata nel giorno in cui si celebra dal dopoguerra l'emanazione dello Statuto speciale. Una mezza giornata, da sempre triste, per nulla partecipata e ignota alla comunità e tale è rimasta. Scelta di soppressione, dunque, perché di questo si può constatare si è trattato, visto che il programma è rimasto grossomodo lo stesso, con l'unica aggiunta della consegna delle onoreficenze di "Chevalier de l'Autonomie" ed "Ami de la Vallée d'Aoste". Ricorderete della decisione centralista del Governo Berlusconi di togliere, per risparmiare, la festività civile in occasione dei santi patroni. Per noi vorrà dire - dal 2013 per motivi applicativi - "toccare" anche il Santo Patrono della Diocesi, San Grato, che consentiva il 7 settembre vacanza ad aostani e a gran parte dipendenti pubblici. Una scelta centralista che mortifica l'autonomia, neppure libera di avere una "sua" festività ufficiale. Certo, si sarebbe potuto spostare la "Festa dell'Autonomia" sulla domenica successiva al 7 settembre, che era da sempre una sorta di festa nazionale nella lunga storia della Valle, ma la proposta non è piaciuta. Così si è fatto l'inverso e la "Festa della Valle", come si vede dal programma di quest'anno, si è spenta in una celebrazione scialba e moscia con le autorità precettate e partecipazione popolare nulla. Che dire? Speriamo che, passata la crisi, si possa tornare a riflettere sulla "Festa della Valle" e su di un suo sviluppo per evitare l'avvilente impressione che si parli molto d'identità solo in astratto. Oggi piangiamo - per macabro che sia - la morte della "Festa della Valle d'Aosta", perché forse, in fin dei conti e per dirlo con franchezza, non piaceva che la paternità dell'idea di ufficializzare una secolare evidenza fosse stata mia. E alla fine, essendo pure stato relatore del provvedimento con cui è stato fatto lo spostamento, in un istruttivo contrappasso che rende amara la politica in certi frangenti, va bene così, perché illustra l'aria dei tempi.