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25 gen 2012

L'emigrazione che cambia

di Luciano Caveri

L'Arbre de Noël de Paris, dove quest'anno è stata proposta la pièce sul grande ciclista émigré Maurice Garin, è una rappresentazione di un mondo che sta pian piano scomparendo. L'émigration valdôtaine è stato un fenomeno massiccio nella capitale francese: era una società organizzata, in una rete fitta fra le famiglie, attraverso una logica solidaristica che consentiva di vivere meglio. Oggi a festeggiare sono prevalentemente anziani e un giorno verrà in cui l'Arbre scomparirà per l'inevitabile disinteresse delle generazioni più giovani. Questo non cancellerà una storia singolare e da conoscere: l'autonomia speciale di oggi è anche in parte conseguenza della "passione patriottica" che il movimento dell'emigrazione investì negli anni del secondo dopoguerra. Oggi l'emigrazione valdostana non è più il frutto del bisogno o della persecuzione politica e ha smesso i panni di quella "catena" di conoscenze che portava a Parigi o Oltreoceano in cerca di fortuna. Sono storie singole di persone che seguono loro progetti e sarebbe interessante avere conoscenza di queste dinamiche. Cito un esempio: ieri sull'aereo per Parigi ho trovato un valdostano, originario d'Issogne, che vive negli Stati Uniti, occupandosi di cave di marmo per una multinazionale nel settore delle pietre. Lavoro che ha svolto prima in Paesi africani, mentre oggi la sua attività avviene fra il Vermont e il Colorado. Senza perdere quei legami di affetti e di amicizie con la Valle. Ognuno di noi, nelle sue conoscenze, ha storie analoghe che riguardano persone che hanno scelto - seguendo il filo delle loro speranze - di lasciare la Valle con modalità ben diverse degli émigrés di un tempo. Si tratta molto spesso di vicende interessanti e anche istruttive.