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06 nov 2011

Riappropriarsi dei pensieri

di Luciano Caveri

Concentrarsi su di un lavoro nell'era della rivoluzione digitale non è per nulla semplice. Immaginate di dover scrivere qualcosa al computer. Mentre scrivi un occhio corre alla posta elettronica che ti arriva, magari avendo più di un indirizzo del genere uno del lavoro e uno personale. Sarà pur vero che i filtri contro gli spam hanno ridotto il numero delle poste elettroniche che ti assediano, ma arriva comunque di tutto. Segnalo la presenza di amici che dedicano evidentemente il loro tempo alle cazzate e ti mandano materiale il più diverso in un logica goliardica.  Poi, a peggiorare le cose, hai messo degli avvisi che ti servono per ricordare qualcosa sul computer e loro fanno il loro lavoro, tu meno. Naturalmente se frequenti un social network - e non è stato oscurato dal gestore del sistema per evitare distrazioni - come non rispondere a chi ti scrive qualcosa e verifichi l'esistenza di esseri umani che ormai campano in rete. Per non dire, ennesima distrazione, di chi ti telefona non sul telefono che hai sulla scrivania ma attraverso sistemi genere "Skype"? Ma il computer è anche il mondo di Internet e magari un giretto di tanto in tanto ci vuole... Naturalmente hai anche un telefonino, magari uno di quei modelli multisciplinari. Anche lì arrivano sollecitazioni: qualche sms, uno squilletto di qualcuno che ti cerca e magari anche lì arriva qualche avviso. Esiste poi l'umanità con cui condividi il lavoro. Ti portano da firmare, chi viene a parlarti, arriva una lettera cartacea, c'è chi prospetta una pausa caffè, è l'ora di una riunione... Tutto bene e tutto giusto, certo. Ma la concentrazione? Lo scritto cesellato e ben documentato, le note per una conferenza o una discussione? Fra spizzichi e bocconi ci arrivi, sognando però una stanza insonorizzata e senza segnali di nessun genere con un foglio e una matita per riappropriarti dei tuoi pensieri.