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03 ott 2011

Aridità

di Luciano Caveri

La storia è ormai nota: una donna si spara con una pistola nella toilette di un bar storico del centro di Torino. Non solo il locale non cala le saracinesche, ma anzi i clienti - per nulla partecipi di una tragedia - usano i telefonini per riprendere scene del doloroso suicidio in un andirivieni dei camerieri fra un bicèrin e un prosecco.  Questo cinismo, ancora peggiore di fronte al grumo di dolore di un suicidio, non mi stupisce. L'anno scorso in Egitto ho assistito ad un altro tipo di brutta storia: un poveretto è morto in acqua e i tentativi di rianimazione hanno attirato una discreta folla, che seguiva il momento reso ancora più drammatico dalle urla di dolore strazianti della moglie. Poi, passata la fase dell'emergenza, quel corpo era diventato invisibile e la spiaggia, sino alla rimozione del cadavere, era ripiombata nella normalità più chiassosa. Neanche un vago tentativo di partecipazione. Chissà che cosa potrà essere che rende così aridi. Forse siamo talmente intasati da orrende notizie di cronaca nera e da film e sceneggiati di crudo realismo che la separazione fra realtà e fantasia diventa flebile. Oppure - ed è persino peggio - è solo una forma di maleducazione con persone che, disinteressate nella sostanza, neppure si occupano della forma, per quanto stucchevole possa essere considerata.