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19 apr 2011

Una visione profetica

di Luciano Caveri

Mentre in Italia c'è chi "spara" sull'Europa, mi sono ritrovato, preparando un ampio special per RaiVd'A su Giovanni Paolo II in occasione della ormai prossima beatificazione, a rivedere quel suo mirabile intervento, pronunciato sul Mont Chetif di fronte alla vista straordinaria del massiccio del Monte Bianco. Era il 7 settembre del 1986, anno del bicentenario dalla prima salita sul "tetto d'Europa", ed il Papa polacco - in visita in Valle per la prima volta - pronunciò lassù durante l'Angelus un discorso europeistico per alcuni versi profetico. Di fatto parlò di un'Europa più vasta di quella che allora si conosceva come se, speranza o vaticinio, si immaginasse già, in cuor suo, la caduta del muro di Berlino e la rottura  di quella "cortina di ferro" che imprigionava sotto il giogo del comunismo sovietico i popoli dell'Est e del Centro Europa, compresa la sua amatissima Polonia. Karol Wojtyla ebbe un ruolo decisivo per la caduta, come un castello di carte, degli Stati del cosiddetto "socialismo reale", spianando la strada all'allargamento dell'Unione europea del 2004. Circostanze - certo gioiose - che il Papa venuto dall'Est ha potuto vedere poco prima di morire e colpisce che avesse preconizzato questo disegno politico di "riunificazione" proprio sulle nostre montagne.  Quelle vette, tanto amate, che "salutò" in quel 2004 nell'ultima estate della sua vita terrena, quando appunto l'Europa aveva finalmente ritrovato la sua dimensione storica. È uno dei tanti spunti di riflessione per evitare di straparlare sull'Unione europea e di svilire il significato profondo, pur con tutti i suoi difetti, dell'Europa politica.