Seguo senza troppa inquietudine questa storia - usando una immagine infantile - del rischio che possa esplodere l’annunciata e temuta ”bolla” (crollo in Borsa) nel settore della Intelligenza Artificiale.
Preoccupazione che nasce dal timore che le aspettative e gli investimenti attorno alla nuova tecnologia siano cresciuti più velocemente dei risultati reali. Ciò non significa che l’AI sparirà, ma che il settore potrebbe attraversare una fase di ridimensionamento simile ad altre bolle tecnologiche del passato.
In sostanza ci si domanda se gli investimenti enormi risulteranno sostenibili, a fronte di ricavi inferiori alle previsioni, visti anche i costi enormi di costruzione e funzionamento. Restano in più limiti tecnici importanti e rischi regolatori del tutto legittimi che possono rallentare lo sviluppo.
Intendiamoci, però, bolla o non bolla, prepariamoci al fatto che dall’Intelligenza Artficiale sia e sarà sempre più parte integrante della nostra vita nei settori più disparati.
Esiste, dunque, una necessità di comprensione personale, ma anche la necessità di capirne l’impatto settore per settore, approfondendone le conseguenze.
Chi pensa di farne a meno o di combatterne l’uso si trova nella stessa situazione dei luddisti ottocenteschi, quando pensavano di fare una cosa molto pratica: salvaguardare il loro antico modo di vivere e di lavorare, che veniva distrutto dalla rivoluzione industriale.
È un fatto di apprendimento e capacità di uso che non è per nulla banale e obbliga a sforzi e a riflessioni. Problema capitale è di certo il settore scolastico.
Leggevo su Le Monde un articolo interessante di Violaine Morin, che traduco: “È un dato di fatto: gli studenti utilizzano gli strumenti dell'intelligenza artificiale generativa. Esistono soluzioni per aggirare le minacce che essa pone al nostro modello di apprendimento, mantenendo sempre il ruolo primordiale del professore”.
Questa la sintesi estrema.
Lascio, come dei flash, alcuni pensieri. “Dal lancio di ChatGPT, alla fine del 2022, l'intelligenza artificiale (IA) generativa - osserva la giornalista - è entrata nell'aula scolastica. Inizialmente con la forza, con gli insegnanti che hanno notato, non senza preoccupazione, che studenti di livello medio riuscivano, da un giorno all'altro, a produrre elaborati perfettamente strutturati. Questa metamorfosi dell'imbroglio divertirebbe gli attori del sistema se non fosse preoccupante: con l'IA, è l'atto stesso del ragionamento che può essere sostituito dalla macchina, minacciando così di privare lo studente del suo strumento di lavoro – il suo cervello – in un movimento di indebolimento del pensiero con il rischio di delegarlo ai giganti della tecnologia”.
Aggiunge più avanti: “Contrariamente a Internet al momento della sua invenzione – altro grande momento di panico morale – l'IA non si accontenta di facilitare l'accesso a risorse documentarie infinite, cosa che aveva fatto temere, all'epoca, la messa al bando del professore. Oggi, l'IA minaccia non solo di sostituire l'insegnante, ma anche lo studente stesso. Se Wikipedia aveva già reso antiquato il primo e l'IA mette in discussione il posto del secondo, a che pro proseguire questa avventura collettiva, al contempo costosa e difficile, che è la scuola?
Per uscire dall'impasse riflessiva indotta da questa vertigine tecnologica, il sistema scolastico potrebbe iniziare a rompere il silenzio (ciò che non viene detto) e sperare di uscire dall'«immaginario pirata», per riprendere l'espressione del professore e scrittore Maxime Abolgassemi”.
Un’espressione interessante proprio perché questa contesta, a vantaggio dei giovani, la bontà “politica” della pirateria digitale, spesso giustificata attraverso una narrativa che richiama il pirata immaginario, tipo il “Robin Hood dei contenuti digitali”, la “Libertà contro monopoli” o ancora “la Condivisione come atto di giustizia”.
La Morin è chiara: ”È un dato di fatto: oltre una certa età, gli studenti utilizzano l'IA. Accettare questo dato come ineludibile significa riflettere in modo più efficace su come reinventarsi”.
Programma difficile e ambizioso per il pachiderma scolastico, lento nelle sue reazioni e talvolta assai conservatore.
Interessante, nel breve, questo spunto: ”Gli studenti comprendono che il loro interesse è innanzitutto ottenere un buon voto e sono tentati di ricorrere all'IA per massimizzare le loro possibilità. Liberarsi della «pirateria» implica quindi riflettere su altri modi di valutare. La discussione e, soprattutto, l'esposizione orale, che la riforma del liceo ha tentato di reintegrare senza grande successo nel percorso scolastico, trovano qui un'occasione insperata per tornare in gioco”.
Naturalmente si parla della Francia, dove la riflessione sull’esposizione orale non è mai mancata.
Non sto a tediarvi con altri utilizzi intelligenti della…Intelligenza Artificiale proposti nell’articolo.
Ma il graffio finale ci sta: ”In questa impresa, una figura centrale non è mai stata resa obsoleta dalle diverse fasi di esternalizzazione della memoria umana – dall'invenzione della scrittura fino a ChatGPT –, ed è il professore”.
Un giusto appello alla centralità della figura umana.