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28 giu 2025

Caccia al candidato

di Luciano Caveri

La caccia al candidato è ampiamente avviata in Valle d’Aosta in vista delle elezioni regionali, che si svolgeranno in contemporanea con quelle comunali a fine Settembre.

Non mi metto a discutere sulla collocazione non brillante della data con conseguenti attività di preparazione più o meno dopo Ferragosto, perché è il frutto di eredità pregresse e non di volontà malevoli.

Personalmente mi piaceva di più la collocazione primaverile alle porte dell’estate. E non solo per ragioni tecniche, come i bilanci da approvare di corsa post voto con le urne settembrine, ma perché pensare a programmi, burocrazie e propagande elettorali sotto il sole estivo pare una maledizione.

Ma tant’è e bisogna farsene una ragione.

In queste circostanze, un gran numero di persone in queste settimane hanno deciso o decideranno di proporsi nelle liste. Ci saranno - uniti dallo stesso destino - candidati di lungo corso (presente!) e neofiti. Ognuno con le sue ambizioni e le sue speranze fra big, gregari, outsider e pure qualche voltagabbana.

Posso testimoniare su almeno due ruoli. Il primo è stato quello di candidato, avendolo fatto più volte e per tre tipologie (nazionali, europee, regionali). Aggiungo - come secondo punto - la circostanza di essere stato organizzatore in team di campagne elettorali.

Da candidato parto dall’inizio. Erano quasi 40 anni fa e mi trovai imbarcato per caso nella singolare campagna per la Camera dei deputati. Candidato in coppia con il candidato al Senato, César Dujany (aveva un po’ più dell’età mia di oggi). Il collegio uninominale all’inglese è sfida da soli come candidato unico per schieramento e si gioca una sfida in cui si può vincere o perdere per un solo voto. Sulla carta eravamo ampiamente perdenti e fummo invece largamente vincenti.

Per me, giornalista radiotelevisivo, non fu facile l’approccio con una campagna elettorale capillare faccia a faccia con gli elettori e con i comizi ancora vivi, diffusi e partecipati in tutta la Valle d’Aosta.

Figurarsi le elezioni europee (1989 e 1999) con la Valle annegata nel gigantesco collegio Nord-Ovest che obbliga ad andare nelle Regioni della circoscrizione. Mai avrei pensato di farcela e, invece, nella seconda volta sopravvenni un anno dopo le elezioni al seggio al Parlamento europeo.

Infine le regionali: questa che arriva sarà la quarta volta con tutte le incognite di un rapporto fra candidati e elettori profondamente modificato. Pensiamo ai Social, al peso dell’astensionismo, all’irruzione del bipolarismo italiano anche nella competizione elettorale regionale, ai comizi che sono diventati incontri piuttosto ristretti e non come in un passato momenti pieni di persone e soprattutto di militanti carichi e partecipativi.

Inutile indulgere alla nostalgia e bene, invece, mantenere ricordi straordinari che mi scaldano ancora oggi il cuore. Ho sempre avuto consapevolezza della responsabili e dei doveri derivanti dalla fiducia dei propri elettori. E una volta eletto ci si deve sentire responsabile di tutti i cittadini e non solo di chi ti ha votato, facendo il proprio lavoro con coscienza.

Aggiungo che non bisogna diventare mai assillati dal voto come chiodo fisso e trasformare ogni scelta politica o ogni incontro con le persone in una campagna elettorale permanente. Questo svilisce la politica, che non deve mai diventare una cieca ricerca del consenso, perché capita di dover assumere decisioni che possono essere impopolari ma necessarie.

L’unico consiglio che mi sento di dare a chi ha deciso di competere e di proporsi candidato è di capire che bisogna restare sé stessi e bisogna, se eletti, capire i meccanismi e studiare i dossier prima di ogni decisione.

È bene farlo affrontando quel misto di politica e amministrazione che si fonda sull’impegno e sul senso di responsabilità. Ed anche, requisito che ritengo necessario, sull’onestà.

La parola “candidato” viene dal latino “candidatus”, che significa letteralmente “vestito di bianco”.

Nell’antica Roma, chi si presentava per una carica pubblica doveva mostrarsi in pubblico con una toga candida, cioè una toga bianca e splendente. Questo abito simbolico serviva a dimostrare purezza morale, trasparenza e buona volontà. Da qui il termine “candidatus”, cioè colui che indossa la toga bianca per farsi eleggere.

Sembrerò ingenuo, visto che in troppi hanno sporcato la politica, ma continuo a pensarla così.