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28 giu 2021

Campanili e campanilismo

di Luciano Caveri

Il campanile è da secoli un segno di appartenenza ad una certa comunità ed è un simbolo legato alla nostra tradizione cristiana, nascendo dal richiamo e dall'uso plurimo a seconda del loro suono delle campane delle chiese, che avevano bisogno di un luogo elevato per essere ascoltate. Da lì deriva, in un senso che va indagato, il termine su cui riflettere che è "campanilismo". "Una parola al giorno" sul sito omonimo così sdrammatizza: "L'affezione devota per la campana, il campanile e per tutto ciò che è a loro collegato, fuor di poesia viene interpretata come un rozzo provincialismo, un esasperato attaccamento al proprio pezzo di terra e alle sue tradizioni, o magari alla propria identità cittadina o rionale, che si declina tipicamente con uno schietto senso di superiorità: il proprio pezzo di terra è il pezzo di terra migliore di tutti (specie di quelli vicini). Certo, non pare un atteggiamento dei più maturi, ma è uno dei colori dell'amore per casa".

In realtà ci sono poi espressioni che denotano di più gli aspetti negativi, tipo «non vedere più in là del proprio campanile» e cioè il gretto disinteressarsi completamente di quanto avviene al di fuori della propria città, della propria nazione. Anche mancare di lungimiranza, non avere larghe vedute, non capire le situazioni un po' complesse e di conseguenza non saperne prevedere gli sviluppi. Altrettanto negativo è «questioni di campanile», vale a dire questioni di rivalità paesana, e in senso lato, anche di nazionalità, di credo, di cultura. E ancora lo «spirito di campanile», che è l'amore eccessivo per le cose o le tradizioni del proprio paese e, in senso lato, l'attaccamento acritico alle proprie posizioni. Certo, esiste un nocciolo buono su cui si deve lavorare, tinge solo con il mio amatissimo cosmopolitismo. E infine «vivere all'ombra del campanile», cioè l'essere legati al proprio luogo di nascita tanto da desiderare di non lasciarlo mai. In senso lato, mancare di curiosità, di interessi più vasti, che vadano al di là del proprio ambiente ed anche rifiutare qualsiasi novità o cambiamento. Anche in questo caso conviene seriamente cercare un qualche antidoto al veleno della chiusura asfittica in confini angusti. Per cui, per tirare le somme, resta evidente che anche nella Valle d'Aosta dai tanti campanili ci sono tante identità che formano un'identità valdostana e più si scava nella realtà e maggiore c'è la consapevolezza di questa ricchezza. Ogni paese ha i suoi campanili e poi ci sono i villaggi e pure Aosta ha una sua sinfonia di... campane, cui corrisponde una ricchezza di umanità che scalda il cuore. Con la consapevolezza che non bisogna mitizzare il passato e bisogna sapere quanti di questi campanili si stanno inaridendo per lo spopolamento e l'abbandono e con essi si perdono pezzi di quell'identità più grande. Segno forse che bisogna lavorare sul campanilismo buono e riflettere sul futuro. Con un addendo: molti ormai abitano luoghi che sono per loro solo dormitori e questa assenza di radici è un evidente impoverimento.