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28 giu 2021

L'assalto dei criticoni

di Luciano Caveri

Secondo il vocabolario, il "criticone" viene così descritto: "Persona sofistica, che ha la mania di criticare e di trovar da ridire su tutto e su tutti". Ciascuno di noi ha di sicuro in mente, in termini meno aulici, questo idealtipo incarnato in qualcuno che si conosce o che si frequenta. Personaggio che, ad essere più analitici, corrisponde a diversi livelli evidenti nel possibile gioco dei sinonimi (denigratore, detrattore, linguaccia, linguacciuto, malalingua, maldicente, maligno, pettegolo). Preciso subito che non mi riferisco alla critica come allarme utile e persino indispensabile. Lo diceva Winston Churchill: «La critica può non essere piacevole, ma è necessaria. Compie la stessa funzione del dolore nel corpo umano. Richiama l'attenzione su uno stato malsano delle cose. Se è ascoltata in tempo, il pericolo può essere evitato; se viene messa da parte, si può sviluppare un morbo fatale». Quel che è invece insopportabile è invece la sua versione degradata, che sia urlata o querula poco importa.

Ma la domanda da porsi è: questa forma patologica che va dal mugugno alla polemica feroce è appannaggio dei singoli o sta diventando un fenomeno sociale di più ampio spettro? La risposta è purtroppo positiva e disegna un fenomeno esistente. Credo infatti che questa storia della critica facile a diversi livelli sia un male contagioso che dal singolo si sviluppa nei nuclei familiari e si espande ai corpi intermedi e ad un'opinione pubblica troppo spesso colpita dall'effimero. Così chiunque abbia una responsabilità ed effettui scientemente dal punto di vista tecnico e naturalmente politico, perché tutto è politica, si trova investito da forme di protesta le più varie. Si va dai veleni sui "social" a lettere di fuoco, da petizioni le più varie al "mail bombing", da manifestazioni vere e proprie a lunghi incontri dispersivi con i portatori di interessi. Questi ultimi spaziano da casi personali senza vergogna a logiche lobbistiche, da minacce giudiziarie a spiegazioni fantasiose in campo giuridico. Si parte quasi sempre dal ritenere che, in chi decide, ci sia dilettantismo, malafede, traffici occulti e poco vale la spiegazione puntuale e dettagliata. Ho avuto incontri e riunioni in cui pensavo con logica persuasiva documentata o maieutica per chi non ci arriva di avere segnato dei punti. Poi ci si ritrovava dopo qualche ora al punto di partenza e ci vuole la pazienza di Giobbe per non sbottare. Se capita, giuro che lo faccio a carattere liberatorio a beneficio delle mie coronarie. Intendiamoci bene e lo ribadisco: la democrazia si basa sul confronto e dal processo di valutazione di idee e soluzioni diverse su di un certo problema da risolvere. Questo processo dialettico deve avvenire seguendo regole d'ingaggio e di rispetto reciproco. Non si può pensare però che ci siano tempi infiniti e si manifestino contrapposizioni ideologiche o propagandistiche che falsino la bontà del cammino che porta alle soluzioni più adatte. Spessissimo anche questioni banali, morte e sepolte o prive di un interesse generale, approdano in Consiglio regionale, com'è assolutamente legittimo che sia, tornando su dossier già visti e rivisti. L'attività ispettiva serve giustamente a far chiarezza e a soddisfare i cittadini-elettori, ma questa attività diventa ridondante quando rischia di diventare soverchiante rispetto ad altri compiti istituzionali. Il criticone e la "criticonite", anche nella loro versione collettiva e non solo singolare, vanno dunque banditi.