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09 giu 2020

Quell'appello in favore degli anziani

di Luciano Caveri

Qualche settimana fa, l'Ansa Valle d'Aosta ha pubblicato l'elenco dei nomi, dell'età e del luogo di residenza di molti dei morti dovuti al "coronavirus". Una tristissima litania dietro alla quale si celavano naturalmente storie di vita e lutti che hanno colpito la nostra comunità. Veniva a proposito in mente l'iniziativa dirompente, il 24 maggio, del quotidiano americano "New York Times" che aveva pubblicato sulla prima pagina i nomi e brevi necrologi di mille vittime, come grido di denuncia della terribile pandemia in un Paese governato da Donald Trump, che all'inizio parlò di una semplice influenza. Sembrava in quella scelta del prestigioso giornale di rivedere quando, nel cuore del contagio, su "L'Eco di Bergamo" esistevano paginate di necrologi veri e propri, che - assieme ai camion con le bare con destinazione la cremazione altrove - sono assurti purtroppo a simbolo di una vera e propria strage. Lo scrivo con buona pace dei negazionisti imbecilli e dei loro alleati "no-vax" che si mettono un giubbotto catarifrangente arancione per dire che questa storia del "covid-19" è stata tutta una panzana. Meriterebbero di finire nelle patrie galere.

Questa lista ha dimostrato quanto noto, anche per via della diffusione della malattia nelle strutture per gli anziani, e cioè che i grandi vecchi sono stati i più esposti alle conseguenze nefaste del contagio. In certi casi, perché la Valle d'Aosta è piccola, ho potuto dare un volto e talvolta una voce ai settantenni, agli ottantenni e ai novantenni falcidiati dal "covid-19" e avendo una mamma novantenne, scampata al virus ma di cui vedo con strazio il declino, mi sono messo nei panni dei parenti che hanno perso un loro caro. Spesso questo è avvenuto in una triste solitudine, senza alcun conforto reale e con un funerale sbrigativo e con pochissime persone. Mi è venuto in mente, come elemento di riflessione, quell'appello lanciato dalla "Comunità di Sant'Egidio", che ho visto ripreso dal quotidiano francese "Le Figaro" in queste ore, che così recita sotto il titolo "Senza anziani non c'è futuro", con sottotitolo "Appello per ri-umanizzare le nostre società. No a una sanità selettiva": "Nella pandemia del "covid-19" gli anziani sono in pericolo in molti Paesi europei come altrove. Le drammatiche cifre delle morti in istituto fanno rabbrividire. Molto ci sarà da rivedere nei sistemi della sanità pubblica e nelle buone pratiche necessarie per raggiungere e curare con efficacia tutti, per superare l'istituzionalizzazione. Siamo preoccupati dalle tristi storie delle stragi di anziani in istituto. Sta prendendo piede l'idea che sia possibile sacrificare le loro vite in favore di altre. Papa Francesco ne parla come «cultura dello scarto»: toglie agli anziani il diritto ad essere considerati persone, ma solo un numero e in certi casi nemmeno quello. In numerosi Paesi di fronte all'esigenza della cura, sta emergendo un modello pericoloso che privilegia una "sanità selettiva", che considera residuale la vita degli anziani. La loro maggiore vulnerabilità, l'avanzare degli anni, le possibili altre patologie di cui sono portatori, giustificherebbero una forma di "scelta" in favore dei più giovani e dei più sani. Rassegnarsi a tale esito è umanamente e giuridicamente inaccettabile. Lo è anche in una visione religiosa della vita, ma pure nella logica dei diritti dell'uomo e nella deontologia medica. Non può essere avallato alcuno "stato di necessità" che legittimi o codifichi deroghe a tali principi. La tesi che una più breve speranza di vita comporti una diminuzione "legale" del suo valore è, da un punto di vista giuridico, una barbarie. Che ciò avvenga mediante un'imposizione (dello Stato o delle autorità sanitarie) esterna alla volontà della persona, rappresenta un'ulteriore intollerabile espropriazione dei diritti dell'individuo. L'apporto degli anziani continua ad essere oggetto di importanti riflessioni in tutte le civiltà. Ed è fondamentale nella trama sociale della solidarietà tra generazioni. Non si può lasciar morire la generazione che ha lottato contro le dittature, faticato per la ricostruzione dopo la guerra e edificato l'Europa. Crediamo che sia necessario ribadire con forza i principi della parità di trattamento e del diritto universale alle cure, conquistati nel corso dei secoli. E' ora di dedicare tutte le necessarie risorse alla salvaguardia del più gran numero di vite e umanizzare l'accesso alle cure per tutti. Il valore della vita rimanga uguale per tutti. Chi deprezza quella fragile e debole dei più anziani, si prepara a svalutarle tutte. Con questo appello esprimiamo il dolore e la preoccupazione per le troppe morti di anziani di questi mesi e auspichiamo una rivolta morale perché si cambi direzione nella cura degli anziani, perché soprattutto i più vulnerabili non siano mai considerati un peso o, peggio, inutili". Ricordo bene, quando a proposito delle Rianimazioni e del loro uso nelle fasi acute della malattia del "coronavirus", si è cominciato a dire che, in caso di necessità, si sarebbe scelto di salvare i più giovani. Questione, per capirci, che può avere anche una sua logica, ma certo è meglio che la sanità pubblica abbia a disposizione le risorse per non lasciare indietro nessuno! E questo non ha a che fare con quell'accanimento terapeutico che personalmente non condivido e che fa parte degli aspetti interessanti del famoso testamento biologico per evitare - in una logica di autodeterminazione di ciascuno di noi - di vivere una "vita non vita". Ci vogliono - come dice la Corte Costituzionale nella sua celebre sentenza di pochi mesi fa - paletti chiari rispetto all'eutanasia volontaria o suicidio assistito per evitarne gli abusi e la materia va comunque normata in Italia per evitare i viaggi in Svizzera o in Belgio, dove la legislazione lo permette. Ma questo non ha nulla a che fare con la logica di non curare più gli anziani e di far emergere, non solo per i vecchi, deteriori forme di eugenismo, che lascino per strada le persone più deboli o disabili, come si diceva facessero gli spartani con i neonati deformi o troppo deboli (ma si trattava, per fortuna, di una leggenda smentita dagli studi storici).