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10 mar 2020

Stretta di mano, abbraccio e bacio

di Luciano Caveri

Mi riesce difficile non stringere la mano a chi incontro e, con le persone con cui ho un rapporto affettuoso, mi viene ancora naturale un abbraccio, aggiungendo talvolta per certi casi di maggior intimità e simpatia quello che i francesi chiamano "faire la bise" (addirittura tre volte come avviene con i miei amici vallesani). Ed invece i consigli governativi ci vorrebbero addirittura un metro di distanza, che mi domando come sia fattibile in certe circostanze, tipo i supermercati, i trasporti pubblici, per non dire dei comizi che dovrebbero esserci nella campagna elettorale per Regionali e Comunali in Valle d'Aosta (cosa capiterebbe nei seggi, luogo rischioso per i contagi?).

Scrive "Focus" sulla stretta di mano e le sue origini: "Una delle attestazioni più famose in Occidente è una stele del V secolo a.C. dove a salutarsi così erano le dee Atena ed Era. Immagini di strette di mano compaiono anche in stele funerarie dello stesso periodo, ma per gli storici si tratta di eccezioni: nella Roma antica ad esempio ci si salutava più frequentemente dandosi un bacio. La stretta di mano era limitata a situazioni particolari ed era riservata a pochi intimi: familiari e amici molto cari". Ma non era così dappertutto: "Le cose andavano diversamente in Oriente. Lì questa pratica era diffusa già 4.000 anni fa, almeno nelle cerimonie religiose. Una delle testimonianze storiche più importanti proviene infatti da Babilonia (1800 a. C.) dove durante le solennità del nuovo anno il monarca stringeva simbolicamente la mano della statua di Marduk, il maggior dio babilonese, protettore dell'antica città". E da noi? Questa la spiegazione: "La stretta di mano come la conosciamo noi oggi - diffusa a 360 gradi in tutta la popolazione - è divenuta pratica diffusa in Europa solo dopo la caduta dell'impero romano, durante l'Alto Medioevo (V-X secolo d.C.). A praticarla erano soprattutto le tribù germaniche: serviva a esprimere la piena fiducia nei confronti di chi si incontrava. E il perché è facile da capire: impegnando la mano destra era infatti impossibile sfoderare la spada per difendersi. Da allora la stretta di mano si è diffusa a macchia d'olio e oggi è comune in numerose culture, con alcune varianti. Nei paesi anglofoni è praticata ad esempio soprattutto nei contesti lavorativi ed aziendali, mentre nei paesi arabi il saluto (nella versione completa) prevede che la mano tocchi in successione il torace, le labbra e la parte centrale della fronte, poi il gesto si prolunga in avanti, mentre si fa un inchino. O secondo altre usanze che si appoggi sul petto, mentre l'altra mano stringe quella dell'interlocutore. Tra i Masai, infine, gli uomini più che stringersi la mano se la sfiorano: il loro saluto infatti consiste in un leggero tocco di palmo delle mani che dura un brevissimo istante". Ma a questo punto siamo orfani anche dell'abbraccio, gesto di cui godiamo fin da piccolissimi. Ho letto di una ricerca della "School of Medicine" dell'Università della California, San Diego, ha sottolineato che esperienze piacevoli collegato al tatto, quale l'abbraccio, provocano una risposta positiva da parte dell'organismo. Lo stimolo emotivo agirebbe direttamente sul cervello, con il conseguente aumento - così dicono - della produzione di ossitocina e serotonina. Si aggiunge che il sistema immunitario si rafforza e viene stimolata la produzione di emoglobina, la quale contribuisce a una maggior ossigenazione dei tessuti. Gli abbracci hanno il potere di abbassare l'ansia: al tempo stesso aumenta la percezione di benessere e sicurezza. Insomma: verrebbe da dire che, in tempo di "coronavirus", converrebbe abbracciare quelli di cui siamo sicuri! Secondo i ricercatori della "Canadian community health survey" chi riceve frequenti abbracci e carezze ha un rischio inferiore di cadere vittima della depressione. Abbraccia rafforza l'autostima e aumenta la fiducia, sia durante l'infanzia, sia nell'età adulta. Perché in fondo ciò di cui abbiamo tutti bisogno in certe giornate è semplicemente un abbraccio che viene dal cuore: un gesto primordiale che vale più di mille parole. Idem per il bacio, che sia quello sulla guancia oppure quello più profondo. L'origine del bacio, a detta degli antropologi, risale alla preistoria, quando le nostre antenate per nutrire i loro piccoli sminuzzavano il cibo nella loro bocca prima di passarlo, attraverso una sorta di bacio alimentare, ai piccolini. Lo ha scritto l'inglese Desmond Morris nel libro "L'uomo e i suoi segreti" sostenendo che svezzavano i loro figli con questo passaggio, che viene praticato ancora da molti animali. Anche secondo Sigmund Freud, attraverso il bacio, si recupera il soddisfacimento dell'oralità dell'infanzia. La bocca è il primo strumento privilegiato attraverso cui i bambini conoscono le persone, gli oggetti il mondo. I bambini portano tutto alla bocca, perché è un organo estremamente sensibile e luogo di transito di ciò che dà più soddisfazione: il cibo. Certo è che il bacio mette in azione - lo dicono gli esperti - 35 muscoli facciali, un'accelerazione del battito cardiaco, un aumento della pressione e la messa in circolo di sostanze neuro ormonali che tendono ad innalzare l'umore. In realtà esiste anche una seconda fazione di antropologi secondo i quali l'alimentazione del bacio non avrebbe nulla a che fare con la vera origine del bacio, che sarebbe solo ed esclusivamente un impulso istintivo e intuitivo intrinseco da sempre nell'animo dell'uomo, atto a "testare la chimica" tra due persone. Comunque sia, stretta di mano, abbraccio e bacio sono per ora nella lista delle cattive abitudini da evitare, poi si vedrà.