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25 feb 2020

Un mondo di mete impossibili

di Luciano Caveri

Se fossi una canzone, visto che risale come me al 1958, potrei sentirmi quel capolavoro che è "Nel blu dipinto di blu" con quella strofa - cantata in tutto il mondo - che fa «Volare oh oh, cantare oh oh oh, nel blu dipinto di blu, felice di stare lassù». Pare che il brano, scritto da Domenico Modugno e Franco Migliacci, sia nato da un'ispirazione mista far un quadro di Marc Chagall ed il cantante al pianoforte che guardò il cielo e gli venne quel "Volare" che ha connotato la canzone per sempre. Pensavo oggi come in fondo questa canzone avesse anche qualcosa di profetico, visto che cominciava allora l'ascesa straordinaria del volo aereo commerciale, che è stata una grande conquista delle generazioni come la mia. Abbiamo potuto approfittare di questa autentica rivoluzione nei trasporti che ha accorciato le distanze e ci ha consentito di spaziare come non mai.

Talvolta ce lo dimentichiamo, ma dice bene un innovatore del digitale come Bill Gates: «l fratelli Wright hanno creato la più grande forza culturale dopo l'invenzione della scrittura. L'aereo è diventato il primo World Wide Web, che avvicina persone, linguaggi, idee e valori». Ricordo che il primo volo avvenne nel 1903 e dunque recentissimo con i tempi lunghi della Storia. Certo è che nessuno dei miei avi ha avuto la possibilità di vivere in carne e ossa posti così distanti per loro da essere davvero irraggiungibili. Mi capita talvolta in alta quota di scrutare le scie degli aerei che sorvolano la nostra Valle - e sono centinaia al giorno a causa delle aerovie che hanno nelle nostre vette un punto di riferimento - e pensare a chi c'è a bordo ed a quale sia la sua destinazione in questa fitta ragnatela di rotte che avvolge tutto e ci trasporta da un capo all'altro di questo nostro pianeta. E devo aggiungere che nella mia esperienza in Europa ho avuto la gioia di capire come fosse possibile sempre meglio regolare questi flussi solo in una logica davvero sovranazionale. Ma bisogna ammettere come questa straordinaria libertà di movimento, raggiunto un acme, ora sta tristemente declinando e non per colpa di certo dei progressi dell'aeronautica e neppure per le tariffe che sono diminuite nel tempo, aprendo il mercato a fasce di popolazione un tempo impensabili. La verità è che viviamo in una Terra dove a diversi livelli di pericolosità ci sono Paesi dove non si può andare e anche nel nostro Occidente, specie nelle grandi città, si va sempre - spesso nei luoghi turistici - con una certa apprensione, che sia Roma, Londra, Parigi, New-York, Istanbul e tante altre. Pesa infatti quel nemico pericoloso che è il terrorismo internazionale, specie di stampo islamista e esiste sempre un rischio di essere nel posto giusto nel momento sbagliato. Personalmente, su questo fronte, mi sono imposto di vivere normalmente e senza paure eccessive. Ma quando devo scegliere una destinazione getto un occhio sui consigli della Farnesina e pure delle Autorità svizzere preposte. Scorrendo queste ultime settimane, fatte salve vicende legate a catastrofi naturali come gli incendi in Australia, il terremoto a Porto Rico ed il tifone nelle Filippine, emerge il problema Cina con il "coronavirus" con tutte le misure di contenimento, a cui si aggiunge per Hong Kong la questione delle proteste di piazza. Situazioni che investono altre parti del mondo come il Libano, il Montenegro, il Cile. Bisogna certo evitare la Libia e l'Iran, ma pure il Venezuela, e l'elenco dei Paesi più o meno da evitare spazia dall'Egitto al Marocco, dall'Algeria alla Tunisia, dal Sudan al Kenya. Ma nell'elenco delle situazioni da evitare ci sono il Ruanda, il Congo, il Burkina Faso, il Mozambico, il Madagascar, il Myanmar, l'Honduras e sicuramente mancano all'elenco altre zone del mondo. E' un evidente paradosso: mentre diventa più facile viaggiare per ragioni diverse - e va detto a maggior o minor tasso di rischio - ci si trova purtroppo di fronte alla circostanza di dover ben soppesare dove andare e va detto che il fantasma di questo nuovo virus, che rievoca epidemie passate come la febbre spagnola di un secolo fa, turbano non poco e ogni scelta diventa difficile. Ed è un vero peccato, perché muoversi, conoscere, confrontarsi fra diversi popoli e culture è il vero antidoto contro gli orrori che avvelenano l'umanità. Ed invece, in barba a tutte le utopie meravigliosamente disegnate nei secoli, battiamo regolarmente il nostro naso contro certa ottusità e la voglia atavica di trasformare tutto in violenza. Lo ha scritto in modo efficace quello spirito contrastato che fu Oscar Wilde: «Una mappa del mondo che non comprende il paese dell'Utopia è indegna anche di un solo sguardo, perché ignora il solo paese al quale l'Umanità approda continuamente. E quando l'Umanità vi getta le ancore, sta in vedetta, e scorgendo un paese migliore, di nuovo fa vela. Il progresso non è altro che avvalersi delle utopie». Ci sono, purtroppo, ancora tanti mari da attraversare e molte montagne da scalare.