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17 feb 2020

Al voto, senza drammatizzare

di Luciano Caveri

Nessun dramma può derivare da elezioni anticipate. Certo è vero che le Legislature dovrebbero avere una loro regolare durata, ma può capitare - e non è patologico - che si creino situazioni che portino al voto anzitempo. Io stesso da deputato ho avuto due interruzioni a metà mandato, perché non si andava più avanti! Nel caso della Valle d'Aosta per colpa della legge elettorale ed a causa della volontà degli elettori e degli eletti (specie quando hanno cambiato schieramento in barba a dichiarazioni rese prima delle urne) ciò è successo sulla base di una fragilità ben presente sin dal voto della primavera 2018, che aveva creato situazioni di maggioranze sospese al limitare del numero necessario per "tenere". Poi, da lì in poi, ci sono state acrobazie varie, fino alla recente scadenza che porta dritto al voto, e alla fine anche i più indefessi sostenitori del tenere duro costi quel che costi, per cattive o buone ragioni, hanno dovuto arrendersi all'evidenza.

Per altro il voto, in queste circostanze di instabilità, non è un dramma, come non lo è "l'ordinaria amministrazione", che è prevista dalla normativa, affinché nei mesi che precedono il voto il Governo regionale si attenga all'ordinaria amministrazione che vuol occuparsi degli affari correnti con le attività strettamente necessarie a far funzionare l'Amministrazione, evitando decisioni che abbiano ampiezza e peso politico. Ogni volta che ci sono elezioni questo è il comportamento da tenere e sono le regole ed il buonsenso a dirlo. Certo, so bene che non esiste nel voto nulla di miracolistico e che la preferenza unica, prevista per evitare cordate sospette e "manovrate", peserà sull'andamento dei risultati, compresa la difficoltà di formare le liste, le maggiori chances per gli uscenti e le possibili difficoltà di superare la soglia che fa da sbarramento all'ingresso in Consiglio Valle per molte liste. Sono convinto che meglio sarebbe stato il voto elettronico ed il mantenimento di più preferenze. Ma le norme le ha scritte il Consiglio stesso e dunque non sono scelte calate dall'alto, come avveniva sino al 1989, quando la legge elettorale la scriveva lo Stato, mentre le modifiche costituzionali di quell'anno e poi del 2001 hanno riportato questa potestà legislativa alla Regione stessa. La paura di un risultato eclatante della Lega spingeva molti a rinviare il voto e lo stesso vale per il fallimento di ogni tentativo - a mio avviso più scenico che concreto - di ricompattare in qualche modo l'area autonomista. Percorsi falsati da chi, spesso zigzagando lungo il cammino, tendeva a cercare soluzioni che garantissero anzitutto il proprio futuro. Circostanza ben comprensibile e umanissima, perché la molla dell'ambizione personale fa parte della politica, che non è fatta solo di calcoli razionali, ma anche di un impasto di passioni e sentimenti che seguono logiche non sempre cartesiane. Lo dico perché io stesso ho accettato di andare in politica e ci sono restato parecchio non solo nella convinzione di poter essere utile per la mia comunità, ma anche perché amavo far politica per gli stimoli, le sfide e il piacere di riuscire nelle cose (oneste) cui tenevo. Per fortuna la politica non è roba da robot neppure nell'era digitale, anche se gli algoritmi sembrano dover regolare la nostra vita, ma esistono ancora spazi di libertà e di scelta per chi voglia tenerseli. Certo le molte manovre e manovrine di questi anni, con andirivieni di alleanze, cambi di percorso e camarille varie, hanno inquinato molto i pozzi della credibilità della classe politica e l'opinione pubblica è restia a fare troppi distinguo fra buoni e cattivi, facendo un tutt'uno senza troppi sconti. Colpa degli eletti, naturalmente, e del mondo politico che li attornia, impegnati spesso in liti da cortile più che da assemblea parlamentare con discorsi fatti in favore di telecamera e di "social", venendo meno spesso a bon ton, all'educazione e più prosaicamente alla necessaria competenza e cultura che dovrebbe essere un requisito per chi vuole assumere cariche politiche. E anche, talvolta, esiste qualche colpa di un elettorato - pensiamo ai successi ora svaporati dei pentastellati - che si innamora di certe novità, abbandonando tradizionali fedeltà per poi pentirsene. Non esistono ormai in politica partiti o "chiese" dove ci si fidelizza per una vita, ma non vanno bene neanche comportamenti ondivaghi da flirt adolescenziali. Poi si sa che ad inquinare molto della Politica sono stati gli opportunisti e certi personaggi compromessi da disonestà e scorrettezze, che si sono aggirati nelle Istituzioni con il solo scopo di distruggere senza costruire. Aggiungo che per certi influencer, opinion leader, capipopolo o sedicenti tali bastava la lettura della loro vita, prima di entrare in politica, per vedere quanto fossero farlocchi certi loro atteggiamenti da Savonarola. Ma sulla lunga distanza anche i lupi travestiti da agnelli vengono individuati e cacciati via. In fondo, alla fine, "chissenefrega" (scusate la volgarità), perché la posta in gioco non è giocare nel fango, ma guardare più in alto e questo mi auguro che, da qualunque posizione provenga, possa essere il viatico per i mesi a venire. Non invoco paci fittizie o sconti reciproci, ma solo la concretezza rispetto alla necessità di evitare il logoramento delle Istituzioni, che investe tutti e tutto e dal quale riprendersi sarà impresa complessa.