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14 feb 2020

Lo strano caso di Sanremo

di Luciano Caveri

Chiude il "Festival di Sanremo" ed ho due sentimenti contrastanti. Il primo di facile sintesi: il troppo stroppia e quindi non si vedeva l'ora che suonasse il gong e nella notte è avvenuto. Il secondo da vecchio giornalista "Rai" (quarant'anni dall'assunzione suonano il 22 febbraio prossimo!) è la soddisfazione per ascolti record che sono certamente un punto in favore dell'azienda. Ma devo dire che in una pigra siesta après-ski mi sono chiesto che tipo fosse questo famoso San Remo e poi - con un flash - mi sono ricordato che avevo scoperto una cosa bizzarra già in passato. Scriveva sul tema anni fa sull'ottimo "Il Post" Leonardo Tondelli: «Come forse si sarà capito, quest'anno più di altri, invocare San Remo è perfettamente inutile perché il santo in questione non esiste. Questo a dire il vero potrebbe darsi per tantissimi altri santi del calendario, ma Remo in un qualche modo esiste ancora meno di loro: non esiste neanche sotto forma di leggenda, proprio non c'è».

«E dire che in fondo il nome non è neanche così strano - prosegue Tondelli - alla Chiesa cattolica ne risultano di ben più originali: per restare a oggi 17 febbraio per esempio si festeggiano tra gli altri San Bonoso, Sant'Evermodo (quello di Ratzenburg), San Finan e San Fintan (uno scozzese l'altro irlandese), San Yu Ching-nyul, oltre che ovviamente San Mesrop d'Armenia: ma un San Remo no, in 366 giorni un Santo che si chiami Remo non compare mai. La cosa sarebbe curiosa anche se il non-Santo in questione non avesse dato il nome a un popoloso Comune, a una classica del ciclismo e a un festival della canzone che magari avrebbe bisogno di patroni riconducibili alla sfera dell'esistenza. A proposito, se San Remo non esiste, chi è il patrono di Sanremo? Ovvio: San Romolo, già vescovo di Genova intorno al V secolo. "Rœmu" sarebbe infatti la contrazione dialettale del nome Romolo. Qualcosa comunque non torna: il San Rœmu venerato dai sanremaschi (che sarebbero i sanremesi insediati da più generazioni) è un eremita che riceveva il pubblico presso una grotta sopra la città, in quella che oggi è la frazione di San Romolo. Dal canto loro i genovesi riconoscono che il loro vescovo sarebbe potuto morire davvero a Villa Matutiæ, come si chiamava allora Sanremo, visto che nel X secolo organizzarono la traslazione delle reliquie vie mare (erano i tempi delle scorrerie saracene). Il santo avrebbe vissuto e officiato a Genova, ma sarebbe venuto a mancare a Sanremo durante una visita apostolica: una prassi che però nell'alto medioevo non esisteva ancora, i vescovi restavano per lo più presso la loro sede. Insomma, magari i Romoli erano due, uno vescovo a Genova e uno eremita a San Romolo frazione di Sanremo: quest'ultimo poi magari neppure si chiamava Romolo; "Remo" potrebbe anche essere la contrazione di "eremo": non lo sapremo mai. Di sicuro c'è solo che nessun Remo è stato canonizzato - per ora - dalla Chiesa cattolica. I sanremesi hanno preso spunto dalla situazione per tentare qualcosa che in Italia nessun altro ha provato a fare in età moderna: la secolarizzazione del nome, da San Remo a Sanremo». Ma in realtà sulla denominazione del Comune non è così semplice, come spiega un articolo su "Riviera24": «Può sembrare una cosa da poco, comunque lo segnalo: sui navigatori satellitari non si trova il nome esatto della città di "Sanremo" ma l'errore grafico "San Remo". A noi locali forse non viene in mente di impostare il navigatore per raggiungere la città dei fiori, ma molti stranieri e anche i turisti italiani lo fanno. Pertanto mi sembra importante curare anche la toponomastica elettronica e poi è la Storia che lo impone. La toponomastica prevede due versioni, derivanti dall'etimologia: Sanremo e San Remo. Infatti il nome della città sembra essere una forma corrotta di San Romolo (in dialetto locale si pronuncia infatti San Rœmu, mutuato quindi in Sanremu) quale contrazione del medioevale "Civitas Sancti Romuli", o di Sant'Eremo di San Romolo. San Romolo è stato un vescovo di Genova vissuto intorno al IX secolo, che ha trascorso buona parte della sua vita nella città ligure, e che si spense da eremita alle pendici del Monte Bignone, 1299 m s.l.m.; alla sua morte, la popolazione volle onorarlo dedicandogli il nome della città. L'etimologia ufficiale è tuttavia sempre stata controversa, ed a lungo oggetto di interpretazioni e di applicazioni pratiche divise fra le due forme. Innanzi tutto, non esiste, nella religione cattolica, un San Remo. Questa è la giustificazione che è sempre stata addotta da coloro che ritengono di dover adottare la versione contratta in una sola parola, Sanremo appunto, come viene attualmente fatto dal Comune e da tutti gli Enti provinciali e regionali. Tuttavia fin dall'epoca fascista vi sono disquisizioni sull'esatta grafia della città (che localmente si usava in forma contratta), poiché a livello centrale veniva individuata nella forma "San Remo", e numerosi sono stati i tentativi per imporre anche localmente tale forma. I sostenitori di tale grafia, infatti, si rifanno all'etimologia del nome (la città è comunque dedicata ad un Santo, Romolo) ed al principio di continuità storica: ad esempio nelle cartine geografiche del '700 si può notare che veniva impiegata tale forma staccata, alternata tra "Civitas Sancti Romuli" e "San Remo". In epoca più recente, spulciando tra i documenti dell'Archivio comunale, si osserva che in data 2 settembre 1937 il podestà di allora veniva informato che l'Istituto Centrale di Statistica aveva elencato il Comune col nome staccato (San Remo), in difformità a quanto sino a quel momento rispettato da parte dell'Amministrazione, benché il R.D. 20 marzo 1928, n. 453, pubblicato nella stessa data nella Gazzetta Ufficiale, disponesse che il nome ufficiale esatto fosse "San Remo". Infatti, lo stesso Istituto interveniva l'8 febbraio 1938 per richiamare il Comune all'osservanza della disposizione. Tuttavia, all'invito del prefetto, il podestà rispondeva: "Insistiamo perché venga modificato il nome in Sanremo". L'8 agosto 1940 il presidente dell'Istituto centrale di Statistica richiamava nuovamente il Comune, e scriveva: "…codesto comune dovrà modificare secondo il nome seguito da questo Istituto [San Remo, ndr] l'intestazione della carta ufficiale nonché i timbri in uso presso gli uffici comunali", e chiedeva venisse fornita per iscritto "assicurazione di adempimento". Il 30 agosto 1940 il podestà emanava pertanto la seguente ordinanza (prot. n. 15411): "Vi prego di disporre perché d'ora in poi negli stampati il nome del Comune venga scritto San Remo anziché Sanremo". Passata la bufera del secondo conflitto mondiale, il nome della città continuò ad essere usato unito. Di conseguenza il sindaco, con ordine di servizio in data 24 marzo 1954, prot. n. 89/6, trasmetteva a tutti gli uffici la seguente lettera: "Si porta a conoscenza delle SS.LL. che l'esatta grafia del nome della nostra città è la seguente: San Remo. Tanto si comunica per opportuna conoscenza e norma con preghiera di volerne rendere edotto il personale dipendente, affinché tanto negli stampati che sulle comunicazioni venga adoperata la esatta onomastica". Questo ordine di servizio non è mai stato applicato dagli organi comunali. Nonostante, infatti, tale "decisione" ufficiale del Comune, il nome di San Remo ha continuato ad essere rifiutato a livello locale, dove si trovava principalmente l'altra versione, come, ad esempio, nelle indicazioni stradali, ferroviarie, turistiche, e praticamente ovunque nella documentazione del Comune, della Provincia e spesso in quella regionale; anche le cartoline per le consultazioni elettorali, hanno sempre riportato il nome Sanremo. Nella documentazione prodotta a livello centrale, proveniente dalla Gazzetta Ufficiale, dall'Anagrafe tributaria e dai documenti dell'Istituto di Statistica, tuttavia, ha continuato ad essere mantenuta la forma "San Remo". Finalmente il Comune, con l'approvazione dello Statuto seguito a varie Deliberazioni Consiliari tenutesi tra il 1991 ed il 2002, ha sancito definitivamente che la denominazione ufficiale della Città è nella forma monoverbo "Sanremo"». Ricordo, tra l'altro, che a San Romolo - frazione di Sanremo a settecento metri - la Regione Valle d'Aosta improvvidamente - ma della questione purtroppo nessuno si occupò a fondo per capirne le aderenze - comprò una vecchia colonia per farne un bengodi per bambini e anziani valdostani, ma poi tanti anni dopo - scarsamente utilizzata - venne venduta. Ricordava l'assessore alla sanità Ugo Voyat in Consiglio Valle nel 1987: «Per l'acquisto dell'eremo di San Romolo sono stati spesi settecento milioni nel 1981; per gli arredi sono stati spesi trecento milioni nel 1982; per la sistemazione dei locali e del terreno circostante, sono stati spesi 312 milioni dal 1981 al 1985». Bella zuppa per l'epoca e a pensare che scelta sciagurata fu proprio nel 1981, anno dell'acquisto improvvido, quando chiuse quella funivia che collegava Sanremo alla zona montana di San Romolo (il Monte Bignone per la precisione) c'è da restare stupefatti. Era un impianto di 7.688 metri di tracciato e un dislivello di circa 1.300 metri percorsi in quaranta minuti, aperto nel 1936 in epoca fascista. Senza l'impianto lassù si è bellamente "isolati".