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13 nov 2019

Un bel libro per i freerider ed il nodo della sicurezza

di Luciano Caveri

Fa sempre piacere quando qualcuno ti porta un suo libro e ti chiede anche quale impressione tu abbia ricavato dalla sua lettura. Specie se, come nel caso di Ettore Personettaz, ci sia una stima e lo abbia conosciuto quando era appassionato di politica alle prime armi e l'ho poi ritrovato - deluso come molti di noi - in tutt'altra veste. L'abito che indossa oggi è quello del maestro di sci, appassionato degli sport di montagna o meglio, se si può usare una maiuscola come iperbole, delle Montagne come contesto non solo naturale o come palestra en plein air, ma come civiltà alpina da comunicare in tutti i modi. Il libro si occupa di discipline contenute in due anglicismi che segnano le nuove frontiere di quello che un tempo veniva chiamato "fuoripista" (che poi era lo sci pionieristico prima degli impianti a fune), evolutosi in "scialpinismo" come filosofia e oggi muta, a seconda degli attrezzi adoperati. Così il titolo suona così: "Freeride e Splitboard in Valle d'Aosta - Racconti, spunti e itinerari".

Sul sito dell'associazione di cui è uno dei fondatori trovate spiegazioni, protagonisti e passioni di queste nuove costole delle discipline alpine ed anche una succinta spiegazione di che cosa sia il libro, secondo lo stesso autore: «E' difficile descrivere l'emozione che provo oggi nel vedere pubblicato il mio primo libro. Un progetto che si realizza, un sogno che si concretizza dopo tanti anni di scorribande, studio, fatica, soddisfazioni, freddo, attese, rinunce. E' un po' come raggiungere una vetta, anche se l'impegno richiesto, meno fisico ma più mentale, è stato forse più complesso perché certe esperienze vissute vanno metabolizzate. Pubblicare un libro che parla soprattutto di emozioni, avventure, scoperta sulla neve, sulle montagne di casa è stato possibile grazie ad un fondamentale lavoro di squadra, a tutte le persone che mi hanno aiutato. Vi saranno sicuramente cose da rivedere, imperfezioni, sviste, tutto si può migliorare. Nel mio piccolo spero di essere riuscito ad alimentare e condividere la magia che vedo nelle nostre belle montagne, quel desiderio di lasciare una traccia sulla neve, ma soprattutto nei nostri ricordi. Poudzo!». Il libro, assai istruttivo per chi non abbia praticato questi sport e semmai abbia un'esperienza tradizionale e modesta della neve fresca e delle sue emozioni, è un misto fra cimento letterario e spiegazioni tecniche. Una prima parte, infatti, è fatta di racconti, cui segue un dettagliato vademecum su come muoversi nel "Regno del Freeride" con suggerimenti concreti e utili, mentre infine si offrono al lettore - come una guida vera e propria - degli itinerari che fanno sognare quelle nevi e quei luoghi. È un bel lavoro in cui Ettore ha evitato, pur riferendosi ad appassionati del genere, quegli eccessi che si possono correre quando si fa parte di una sorta di élite di sciatori quali sono quelli che affrontano questi itinerari. La questione della sicurezza e dei rischi - testimoniati alla fine di ogni stagione - resta per me un problema capitale. Avevo messo da parte un articolo dell'aprile scorso di Didier Arnaud su "Libération" che partiva da un interrogativo mica da ridere: "Comment sauver sa peau dans une avalanche?". Al tempo venne organizzata da rider svizzeri l'International Snow Training Academy a Verbier, una delle località faro degli appassionati. Così dice l'articolo: "«On entraîne les gens à avoir dea bons réflexes», dit Dominique Perret. Né le 20 novembre 1962 à La Chaux-de-Fonds, le skieur suisse, pionnier de la discipline ski Freeride, a été, entre autres exploits, élu "meilleur skieur freerider du siècle" par les journalistes, lecteurs et internautes de la presse et des médias spécialisés en décembre 2000, aux "Board Awards" à Paris. Dominique Perret a imaginé et fondé la start-up "Safemountain SA" à Lausanne dans le but de développer le programme "Ista". Des journées sont organisées pour simulerl'avalanche et l'arrivée des secours, et, pour mieux faire, les procédures ont été standardisées entre la Suisse, la France et l'Italie". Più avanti ecco afrontare il tema cardine in materia di pericoli: "Retour à l'avalanche. Au moment où elle se produit, il faut voir comment elle atteint le skieur, et, surtout, dans quel état il se trouve. «Qu'est ce qui peut biaiser ma vision? Si je n'ai pas bien dormi, je risque fort de ne pas prendre les bonnes décisions au moment opportun», note Dominique Perret. Le matériel (sac à dos, airbag, détecteur de victime d'avalanche) n'augmente pas forcément la sécurité et ne suffit pas toujours. Lorsqu'une avalanche survient, le but est de rester à la surface explique le fondateur d'Ista. «La neige, c'est très vivant, ce n'est pas une masse inerte, il faut essayer de déterminer si le manteau neigeux est solide ou fragile. Cela peut changer d'un jour à l'autre». Il peut y avoir une neige mouillée, gorgée d'eau et humide, ou au contraire sèche et sans cohésion. «C'est en général la température qui lui donne, ou non, sa cohésion. Dès qu'un rayon de soleil se pointe, le grain peut changer», argumente Perret. Il faut préciser des choses simples: qu'une pente au soleil est généralement au sud, à l'ombre au nord, dans ces conditions, c'est «facile de trouver ton est et ton ouest» souligne perfidement Dominique. Par ailleurs, il faut savoir que la visibilité influence l'individu, la température la stabilité, et le vent les deux. L'orientation des pentes doit être prise en compte. Les précipitations peuvent être aussi déterminantes. Enfin, la pluie alourdit le manteau neigeux et peut provoquer le déclenchement de l'avalanche". Sembrano banalità, ma non tutti le hanno in testa. Ettore naturalmente sa bene queste cose per sé e per i suoi clienti, le ricorda nel libro e quel che è importante spiega - come sottofondo sempre presente - come adrenalina e buonsenso si debbano accordare.