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11 nov 2019

"Coca-Cola" fra leggende metropolitane e plastica

di Luciano Caveri

Può capitare di mettere assieme una cosa scherzosa e una cosa serissima. Trovo che questo contrasto, come il dolce e l'amaro, faccia parte della nostra vita. Mi viene in mente come esempio bislacco l'umorismo nero di certe battute del mondo ebraico, che mettono assieme i problemi terribili vissuti da quel popolo e una sagace capacità di osservazione che sa vedere il lato scherzoso, spesso sardonico, anche quando si è messi male. Il lato scherzoso del problema parte da un prodotto che fa veramente impressione per la sua diffusione mondiale: la "Coca-Cola". In tutti i Paesi del mondo dove sono stato ho trovato questa bevanda americana. A Cuba, quando ci sono andato in viaggio, la "Coca-Cola" non c'era e esisteva solo una "Cola" locale, mentre oggi la multinazionale è arrivata anche lì. Credo che l'unico posto rimasto, dove non si trovi in vendita, sia la Corea del Nord per ragioni ben comprensibili di odio verso gli States.

Quel mi ha sempre divertito sono le leggende metropolitane, di cui sono stato testimone. Tipo la grottesca fandonia della "Coca-Cola" come contraccettivo. Dagli anni '70 circola la leggenda che la "Coca-Cola" eviterebbe le gravidanze indesiderate. Basterebbe agitare una bottiglietta o una lattina di "Coca" e stapparla, ed irrorare le parti intime femminili dopo il rapporto. L'eventuale figlio nato da questo improbabile sistema potrebbe essere spedito con una cicogna direttamente ad Atlanta, sede dell'azienda di bibite gassate. Altra balla: la "Coca-Cola" come agente corrosivo. Secondo i fantasiosi costruttori della bufala basterebbe mettere un pezzo di carne o una moneta in un bicchiere con la bevanda per vederlo sparire in poche ore. Ricordo che un amico di famiglia, Vittorio Morandini, che ricordo con affetto, mise una moneta in un bicchiere e chiuse tutto nella cassaforte della "Guinzio Rossi" di Verrès e naturalmente il giorno dopo nulla era capitato! Nella stessa scia non è vero che la "Coca-Cola" sturi lavandino e gabinetti, che tolga ruggine e smalto dalle unghie. Fantastica poi la panzana dell'operaio brasiliano della "Coca-Cola" caduto in una vasca piena della bevanda dissetante e di cui, mesi dopo, sarebbe stato ritrovato solo qualche osso per l'effetto caustico. Per chi se ne intenda di acidità, il pH della "Coca-Cola" sta a metà fra succo di limone e aceto e dunque nessun pericolo per il nostro corpo. Ulteriore leggenda metropolitana che ricordo oggetto di discussioni e di qualche prova in età adolescenziale sarebbe stato l'effetto stupefacente dell'Aspirina dentro la "Coca-Cola", oltretutto con un effetto simile al "Viagra". Anche questa storia infondata, come possono testimoniare i ragazzi che ci hanno provato. Cito, infine e solo en passant, la storia della "Coca-Cola" contro l'Islam. La leggenda narra come il logo della "Coca-Cola" inclinato, osservato allo specchio e con qualche ingegnoso ritocco formerebbe le parole arabe "No a Maometto, no alla Mecca". Visto che il logo risale al 1886 sfugge perché si sarebbero dovuti inventare questa scritta criptica. Ma visto che viviamo in un mondo in cui al Governo in Italia ci sono fautori della terra piatta e delle scie chimiche bisogna essere pronti a tutto! Veniamo al tema serio e alla riduzione della plastica e alla responsabilità enorme della "Coca-Cola". In effetti, se guardate - solo per citare l'ultimo caso - la bottiglietta in vetro della celebre marca oggi ha una etichetta che ricopre gran parte della superficie fatta in plastica! Ma che bisogno c'era di farlo? Ma il dato sull'uso della plastica - per "Coca-Cola" e per altre multinazionali famose sul mercato - diventa macroscopico in un approfondimento del sito francese businessinsider. Questa la premessa: «Les déchets plastiques polluent la planète et nos océans, et sont très loin d'être tous recyclés. Pour déterminer quelsgroupes industriels contribuent le plus à augmenter leur masse à travers le monde, "Break Free form Plastics", une coalition mondiale de 1.475 organisations écologistes, dont "Greenpeace", a mobilisé 75.541 volontaires dans 51 pays afin de réaliser une collecte géante. Résultat, en seulement un jour, dans toutes sortes de lieu y compris les maisons et les bureaux, pas moins de 476.423 pièces en plastique ont été récupérées, dont 43 pour cent affichaient clairement le nom d'une marque. Dans son rapport publié mercredi 23 octobre, "Break Free from Plastics" dresse la liste des marques qui reviennent le plus souvent. Sans surprise, des multinationales spécialisées dans l'agroalimentaire et la production de boissons, notamment de sodas, figurent en bonne place. Mais d'autres industries sont aussi représentées parmi les gros pollueurs, qui sont tous américains oueuropéens. Voici les trois entreprises dont les marques ont été le plus retrouvées par les bénévoles lors de la Journée mondiale dunettoyage, le 21 septembre 2019. "Coca-Cola" (américaine): 11.732 déchets plastiques collectés; "Nestlé" (suisse): 4.846 déchets plastiques; "PepsiCo" (américaine) : 3.362 déchets plastiques. Les groupes "Unilever" (néerlando-britannique), "Procter & Gamble" (américain), "Philip Morris" (américain), "Mars" (américain), "Colgate-Palmolive" (américain), "Mondelez International" (américain) et "Perfetti Van Mille" (italien) apparaissent également dans les dix principaux producteurs de déchets plastiques collectés. Si beaucoup de pays asiatiques déversent leurs déchets dans les océans, "les véritables responsables du gros de la pollution plastique en Asie sont les multinationales dont les sièges se trouvent en Europe et aux Etats-Unis", souligne le rapport. Sollicités par l'AFP, les groupes "Coca-Cola", "PepsiCo" et "Nestlé" n'ont pas fait de commentaire dans l'immédiat». Ma il finale è interessante, pensando alle formule - in corso anche nella Finanziaria dello Stato 2020 in un modo per altro ancora poco chiaro - di tassazione sulla plastica: «"Break Free from Plastics" dénoncent aussi les "fausses solutions" proposées par ces multinationales pour réduire la pollution plastique, à commencer par le recyclage qui revient à déporter leurs responsabilités sur les consommateurs. D'autant que seulement neuf pour cent de la totalité des matières plastiques produites depuis les années '50 ont été recyclées, précise le rapport. "Les entreprises continuent de tirer profit de l'abondante production de plastique à usage unique, tandis que partout dans le monde les collectivités sont obligées d'en supporter le fardeau", déplore le collectif d'organisations environnementales». Già alla fine paga Pantalone più delle aziende che abbondano con le plastiche.