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04 giu 2019

In ricordo di Osvaldo Ruffier

di Luciano Caveri

Osvaldo Ruffier era il classico eletto del territorio, che conosceva la sua Cogne come le sue tasche e come Sindaco si batteva come un leone per la sua popolazione, ma non lo faceva in una logica di chiusura, sapendosi sempre guardare intorno. Negli anni d'oro della sua lunga, trentennale amministrazione scendeva ad Aosta nelle ore di ricevimento e spuntava negli uffici regionali che contano con il suo fare in apparenza dimesso, che nascondeva una pervicace volontà di risolvere i problemi come una goccia che scava la pietra. Ma questa sua ostinazione era premiante ed i suoi modi erano sempre gentili, ma in certe occasioni - quando gli veniva il dubbio di essere preso per il naso - sapeva alzare la voce e battere i pugni sul tavolo.

Sapeva in più di contare su di un effetto di impatto esterno della "République de Cogne", che colpisce chiunque conosca quella compattezza storica di un paese, che poi al proprio interno ha pure, a sua volta, isole forti nelle diverse frazioni componenti con quelle rivalità che alimentano divertenti aneddotiche paesane, perché i montanari non sono per nulla cupi, come spesso vengono rappresentati, sbagliando. Era stato fra i pochi a capire che cosa significasse - con una modifica dello Statuto che seguii passo a passo sin dalla mia proposta iniziale - l'ottenimento nel 1993, con riforma statutaria, della competenza esclusiva sull'ordinamento degli Enti locali, che ha resistito anche ad attacchi statali presso la Corte Costituzionale. La Regione ottenne con questa novità una forte Autonomia per legiferare sui Comuni e sulle altre forme della democrazia locale, staccandosi dagli obblighi della normativa statale e dagli ordini del Ministero dell'Interno. Poi - scusate l'inciso - è vero che spesso è capitato che certi obbrobri delle normative nazionali siano state egualmente recepite per mancanza di una cultura giuridica che dia sempre la necessaria originalità al nostro ordinamento. Ruffier, come presidente dei Sindaci in rete fra eletti, contro i rischi di un centralismo regionale, si mosse sempre in modo felpato ma deciso. La stima reciproca lo portò anche a schierarsi senza paura delle conseguenze contro la deriva interna dell'Union Valdôtaine di un uomo solo al comando con le conseguenze ancora oggi visibili in un mondo autonomista deflagrato. Lo ringraziai spesso per questa scelta e lui sorrideva scuotendo la testa, come capita fra persone che si capiscono ed in tante occasioni discutemmo sui rischi crescenti di degrado morale e materiale della nostra Valle. Anche a Roma andammo spesso ad incontri utili per la nostra Regione e lui con pazienza e puntiglio spiegava sempre le nostre ragioni, dando l'immagine del saggio, quale era. Oltretutto la vicenda mediatica del delitto di Cogne, per via del clamore creato, lo aveva trasformato - suo malgrado - in un personaggio televisivo. Compariva in video con grande compostezza anche nelle orride ricostruzioni di Bruno Vespa con un solo intento: placare gli eccessi pettegoli e difendere i suoi cognein da accuse stupide e da preconcetti offensivi verso il suo paese di montagna e i suoi montanari, spesso adoperati come caricature da chi del mondo alpino non sa un tubo e costruisce immagini di paesi chiusi in una sorta di passatismo insano. Lo ricordo triste e addolorato, quando la celebre alluvione del 2000 martirizzò la sua Cogne: riceveva le autorità in visita con una sola idea in testa, quella di ricostruire bene ed in fretta e per questo lavorò. Lo evoco sorridente in almeno due circostanze. La prima era la fierezza di aver trasformato Cogne in una delle capitali del fondo internazionale e dunque ospitare nel prato di Sant'Orso manifestazioni bellissime e partecipate con i suoi cittadini esempio mirabile di un volontariato operoso. La seconda è quando mi portò in visita nelle "sue" miniere di Cogne, dove aveva lavorato, e come un ragazzino si metteva ai comandi di un aggeggio tipo ascensore inclinato per spostarsi di livello, fiero di quel savoir faire. Osvaldo se ne va, dopo una lunga e dolorosa malattia: la Valle perde un vecchio e indomito combattente, che ricorderò sempre con affetto. Il suo spirito resterà sempre lì, come un nume tutelare con vista sul Gran Paradiso.