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08 mag 2019

In punta di App

di Luciano Caveri

Con buona pace dei "terrapiattisti", il mondo continua a girare e nessuna generazione - come quelle viventi - ha subito un'accelerazione così brusca nell'affermarsi di novità che cambiano con rapidità il nostro modo di vivere. Nessun rimpianto per i ritmi lenti del passato, ma certo qualche sforzo intellettuale suppletivo per non rimanere indietro ci tocca farlo. Inutile contarsi storie: il telefonino ha cambiato la nostra vita ed ognuno potrebbe raccontare la propria storia, perché con tutti gli strumenti tecnologici ognuno ha poi un proprio approccio personalizzato. Sono rari - ne ho incontrata una giorni fa una e mi è parsa bislacca - le persone che riescono a vivere senza avere in mano, pur avendo appunto proprie abitudini, modalità e tempi di utilizzo, questo aggeggio multiuso, che è ormai la versione digitale della nostra vita.

Una volta sui mezzi pubblici si parlava, oggi si è chini sull'apparato; vai a certe conferenze e dal palco vedi in prima fila persone che non seguono perché in osservazione del proprio aggeggio; mi raccontano di ragazzi delle scuole medie seduti alla mensa, mentre mangiando osservano che cosa capita sul Web. Esiste una componente di asocialità e di anaffettività che preoccupa e bisogna fare uno sforzo personale per evitare di finire nel gorgo, che sia nel letto la sera prima di dormire, presto al mattino quando ti svegli, seduto sul divano la sera. Eppure non mi sento di predicare una versione moderna del luddismo, una sorta di "luddismo digitale" che porti cioè ad una ridicole e persino impensabile ribellione verso il mondo di Internet e questi "giocattoli" magici che ci ritroviamo in mano, che finiscono per essere una sorta di settimo senso che si aggiunge a quelli già noti. Perché - evitando beninteso forme di eccessi da addicted (che è null'altro che una nuova forma, appunto, di dipendenza) - è indubbio che siano complessivamente più i "pro" che i "contro". Guardo, mentre scrivo sul computer (normalmente lo faccio sul telefonino, finché la vista regge...), l'insieme delle "App" (le applicazioni che si aprono, svelando un mondo) e ritrovo cose banalissime, prima altrimenti adoperate con strumenti mai presenti in un colpo solo. Penso ai contatti telefonici e agli indirizzi mail (rari gli indirizzi veri, per così dire geografici), alla macchina fotografica ed al gigantesco archivio di foto e filmati, all'orologio ed ai dati sanitari che ritrovo anche nell'orologio al polso (non ho mai portato orologio, ma nel duetto con il telefonino alla fine ci sono caduto e trovo ad esempio impressionante avere un navigatore che vibra sul mio braccio). Mi riferisco al "Kindle" con i suoi libri in formato elettronico, agli appunti vari e ai documenti stipati e naturalmente l'agenda giornaliera con tanto di avvisi per non dimenticare. Ci sono i giornali quotidiani ed alcune riviste, dizionari e vocabolari in più lingue, le previsioni del tempo in vari formati, tessere e biglietterie varie applicazioni per musica, filmati, registrazioni. Per distrarsi ci sono anche videogiochi, radio da tutto il mondo, notizie fornite in varia foggia e naturalmente i "social". Ma sono alcune "App" specialistiche che mi fanno impazzire: ne avevo già scoperta una per dare il nome alle montagne, che è "PeakFinder" che ti fa fare bella figura anche in zone montane poco conosciute: basta il profilo delle vette, attraverso la macchina fotografica, per avere denominazioni esatte. Più recente - per colmare una lacuna culturale terribile - è la "App", pure gratuita, con cui individuare piante e fiori. Si chiama "Pi@ntNet" e funziona, sempre con le foto, in maniera egregia e evita - nel delicato settore botanico - di prendere lucciole per lanterne. Divertente - e usa il codice a barre - è la "App" per capire dove differenziare i rifiuti: si chiama "Junker" e evita di fare disastri con i bidoncini della pattumiera, specie con certi materiali vari presenti nel medesimo oggetto da buttare. Il tema è comunque delicato, perché ci sono luci ed ombre. Questo temo valga per qualunque scoperta umana. Lo scriveva Isaac Asimov: «Qualsiasi innovazione tecnologica può essere pericolosa: il fuoco lo è stato fin dal principio, e il linguaggio ancor di più; si può dire che entrambi siano ancora pericolosi al giorno d'oggi, ma nessun uomo potrebbe dirsi tale senza il fuoco e senza la parola». Quel che mi colpisce di più, comunque, è il fatto che sino a quando si riesce a prendere in corsa ogni novità e si sta, per così dire, al passo con i tempi, ci si stupisce di come si vivesse prima, come se risultasse difficile immaginare un passato senza tutto ciò che oggi appare come la normalità quotidiana. Eppure ho vissuto senza computer, senza telefonino e senza mille altre diavolerie (quando vado in macchina in luoghi sconosciuti mi rivedo con le mappe cartacee fermo in una piazzuola!), di cui oggi mai potrei fare a meno.