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03 mar 2019

Il voto in Sardegna

di Luciano Caveri

Ora posso scrivere: aspettavo infatti con interesse e con cautela - rispetto agli "exit poll" ballerini - i risultati "veri" delle elezioni sarde, che si sono fatti attendere oltre ogni limite di ragionevolezza in un Paese civile, tant'è che ne parlo a troppe ore dall'inizio dello spoglio. Che si vada alle urne con il voto elettronico e si smetta una volta per tutte di agitare i fantasmi degli hacker e di chissà quale rischio terribile, visto che viviamo attorniati da tecnologie digitali, cui ci affidiamo in tutto e per tutto. Spicca anzitutto nel voto il dato che si avvicina al cinquanta per cento di astensionisti, che resta un elemento di riflessione per nulla ascrivibile a chissà quale forma di maturità dell'elettorato, trattandosi invece in questa temperie politica di una sconfitta della democrazia partecipativa. Quella stessa esaltata nelle forme bislacche come la striminzita - come numero dei votanti - "piattaforma Rousseau", opaca privatizzazione della democrazia diretta.

Palese è, guarda caso, il crollo clamoroso dei "Cinque Stelle", superiore a quanto previsto dai rilevamenti prima dello spoglio: non a caso qualcuno l'ha definito «una Caporetto», anche se il leader Luigi Di Maio sorride come se fosse stato un successo. Grande risultato per il centrodestra a trazione leghista (ma immagino Matteo Salvini pensasse di ottenere di più), non male per il centrosinistra, mai davvero in corsa per la vittoria, a differenza delle previsioni dei sondaggisti e dunque situazione da amaro in bocca. Certo parlando della volontà dei votanti, pur nella specificità del test rispetto alle regionali in Abruzzo, le cifre assumono un valore rispetto in particolare al Governo gialloverde Conte (il premier che fa malamente il pompiere) ma era anche occasione per capire come butta nelle opposizioni a destra come a sinistra. Come sempre i vincenti danno un valore forte agli esiti e gli sconfitti negano il loro peso: in Italia mai nessuno perde le elezioni e perciò sono rari coloro che si prendono sulle spalle il peso di una sconfitta. Oggi gli editorialisti dei giornali di diverso orientamento tornano sulle elezioni, dopo i molti equilibrismi di ieri quando ci si basava solo su dati incerti comunicati dagli elettori stessi. Perciò o il campione era sbagliato o non sono stati sinceri alcuni elettori sul voto al centrosinistra sopravvalutato e in ciò influenzando i commenti verso il lato sbagliato. Aggiungo che un voto in un'Autonomia speciale deve sempre interessare i valdostani. Giuridicamente, sotto il profilo dei rispettivi Statuti, esistono evidenti analogie fra la Sardegna e la Valle d'Aosta, oltreché legami storici riassunti nella figura di Emilio Lussu, relatore del nostro Statuto alla Costituente e sardi sta federalista di grande spessore culturale e umano. La stessa insularità - come chiarito dalla nozione di "coesione territoriale2 dell'Unione europea - ha similitudini con le zone montagna, unite come sono dalla condizioni di handicap naturali permanenti con i rischi di marginalità e di norme comunitarie non sempre coerenti con la necessità di sviluppo di questi territori particolari. Personalmente, quando mi capitò parecchie volte di svolgere campagne elettorali (due volte per le Europee) o di partecipare a incontri politici o a convegni, mi sono sentito a casa. E' chiaro che il riconoscimento del sardo come lingua vera e propria, pur nelle diverse varianti (il catalano di Alghero è a sé stante) mi ha impegnato quando mi occupai del problema della legge di tutela del 1999 applicativa dell'articolo 6 della Costituzione. Vorrei aggiungere che ho collaborato con i sardisti nel mio lavoro parlamentare con esperienze interessanti attorno al tema delle autonomie differenziate. Ecco perché la Sardegna resta un interlocutore politico importante per noi. In più il riflesso nazionale del voto esiste davvero e solo chi ha gli occhi ricoperti di "pelle di salame" può far finta di nulla di fronte all'evidenza.