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06 apr 2018

Le montagne sacre

di Luciano Caveri

Fatti salvi gli auguri di rito, si può consigliare un libro per Pasqua? Certo è un approccio diverso dal solito, concentrati come siamo nella giornata fra momenti religiosi, tradizioni varie (quoto l'uovo di cioccolato e la colomba ripiena!) e magari qualche gita. Ma la proposta vale per riflettere su qualcosa di ben noto grazie alle pagine fitte di un volume. Mi riferisco al legame stretto fra le montagne del mondo e, nel passato come nel presente, le religioni che hanno accompagnato l'uomo dall'antichità sino ad oggi. Tema ben noto a chi abbia seguito il dibattito sulle montagne nei diversi aspetti unificanti e non a caso, nel corso dell'Anno Internazionale delle Montagne 2002, questo versante mistico - profondo e radicato - fu uno degli aspetti più avvincenti da esplorare. Ma leggendo "Montagne sacre: Storia, mistero e leggenda" di Massimo Centini (edizioni "Terra Santa") avrete sul tema una vastità di notizie che mai avevo visto raccolta tutta assieme.

Torinese, classe 1955, Centini - laureato in antropologia culturale presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Torino - ha lavorato a contratto con Università e musei italiani e stranieri. Osserva l'autore nelle prime pagine: «La fenomenologia del sacro pone in rilievo quante siano le implicazioni culturali del sacro nelle società: il suo principale carattere è dato dal fatto che può essere qualità di luoghi, di periodi di tempo (le feste che si contrappongono ai giorni comuni), di azioni (il rito), di testi pronunciati, narrati o scritti (formule rituali, miti, eccetera), di persone, di oggetti (arte religiosa, strumenti rituali, eccetera)». Nel "caso valdostano" basta - in modo esemplificativo - guardarsi attorno nel nostro territorio fisico e sociale per cogliere quanti spunti ci siano attorno al tema e ciò vale dai ritrovamenti più antichi e in parte ancora misteriosi, come avviene nell'area megalitica di Saint-Martin de Corléans. Ma non c'è cappella, chiesa, cimitero che non ci parli dal passato e ciascuno di noi stessi ha come componente culturale eredità che ci parlano il linguaggio stratificato delle religioni vissute e transitate in Valle. Vale per la sua sintesi una citazione che Centini riporta di «John Ruskin, pittore e critico d'arte, ma soprattutto grande osservatore del valore estetico del paesaggio montano». Ricorderete che fu lui a definire il Cervino «il più nobile scoglio d'Europa» e così osservava sul tema: «Ci fu sempre l'idea della santità legata alle solitudine rocciose, ciò anche in relazione al fatto che era sempre sulle cime più elevate che la divinità si manifestava più intimamente agli uomini ed era sui monti che i santi si ritiravano in meditazione, per la speciale comunione con Dio e per prepararsi alla morte». E l'antropologo torinese aggiunge più avanti questo flash illuminante: «Un senso che l'uomo ha avvertito forse dall'alba della storia, quando pose le sue divinità sulle vette e intorno a esse creò santuari a cielo aperto, che poi arricchì con quelle che sono considerate le prime forme d'arte: le incisioni rupestri». Questo è un primo capitolo avvincente ed anche noi - ad esempio con il misterioso simbolo della spirale - abbiamo incisioni di questo genere. Il libro si sviluppa per capitoli e citerò solo qualche spunto. In "Verso l'alto..." si ricorda come alla montagna fisica di aggiunge la rappresentazione della montagna: «Simbolicamente, la montagna esprime un senso di stabilità, di immutabilità: i criteri di sacralizzazione che ne hanno contrassegnato la storia hanno spesso fatto riferimento all'arcaicità dei monti, più antichi degli uomini e creati dalla divinità nel tempo delle origini. Dal menhir preistorico alla piramide, dalla ziqqurat allo stupa , fino ai campanili delle nostre chiese (che rivelano evidenti analogie con l'obelisco, monumento simbolico tra i più significativi della cultura egizia), il desiderio di realizzare una struttura che possa diventare una specie di “collegamento” tra la terra e il cielo è evidentissimo, mantiene quindi inalterato dall'alba dei tempi il proprio valore simbolico». Così ci si avvia ad un giro del mondo e delle sue popolazioni con citazioni puntuali e autori importanti, come la montagna in Dante Alighieri. Non c'è religione che non abbia nelle montagne un proprio riferimento e non vi rovino certo il gusto della scoperta e talvolta dello stupore. Un capitolo successivo è dedicato ai pellegrinaggi e alla ricchezza del fenomeno: anche in questo caso le Alpi ne sono esempio evidente (l'ultima parte del libro propone non a caso una monografia sui Sacri Monti). Cantini poi ci accompagna alla scoperta delle "Vette bibliche", cui seguono storie interessanti come il Monte Ararat e l'Arca di Noè o la montagna di Mosè e altri riferimenti alle Sacre Scritture fra montagne letterarie e quelle realmente esistenti con dei rebus su cui si confrontano gli esperti. E' il caso dei diversi luoghi montani che caratterizzano la vita di Gesù, compreso il Golgota o Calvario dove venne crocefisso con spiegazioni approfondite su avvenimenti e luoghi della cosiddetta e in parte fantasiosa "Via Crucis". Questo ci consente di capire di più sul cristianesimo, su come nel tempo gli stessi luoghi Sacri cambino a seconda delle scelte politiche e si apprendono molte cose dei diversi retaggi che oggi abbiamo e che forgiano anche il nostro modo di essere. Ma l'elemento unificante, per tutte le Fedi, quelle ancora esistenti e quelle cancellate dal tempo e dagli avvenimenti, è che gli uomini di tutti i tempi hanno guardato alle loro montagne alla ricerca della trascendenza. Ma con la solita doppiezza dell'uomo, visto che molte delle guerre che hanno insanguinato e affliggono l'umanità sì sono combattute sulle montagne del mondo! Quanto capita in Palestina è una di queste ferite aperte.