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06 apr 2018

L'Italia fu fra le Nazioni "cattive"

di Luciano Caveri

Mi dispiace per chi pensa che riesumare il passato sia un inutile anacronismo e che evocare gli eventi storici sia esercizio polveroso che puzza di naftalina. Io vivo nel mondo contemporaneo e guardo al futuro, ma questo non significa affatto negare il valore del tempo trascorso e dei suoi insegnamenti. Specie guardando ad una situazione in cui troppi italiani sono diventati come i lotofagi, i mangiatori di loto privi di memoria, che Ulisse incontra nell'Odissea. Il rimbambimento che ne consegue lo si vede ogni giorno e non solo da certi risultati delle urne, ma da quel senso generale di smemoratezza che fa pena e - per alcuni versi - persino paura. Un tempo - per capirci - pensavo che, come contrappasso per i neofascisti in auge proprio per questo smarrimento che li fa tornare sulla scena, ci volesse un bel viaggio formativo, con spiegazioni dettagliate, sul funzionamento dei campi di sterminio, tipo l'agghiacciante e disumano Auschwitz.

Ora, reduce da una visita ai luoghi dello sbarco in Normandia, che iniziò il 6 giugno del 1944, ho deciso che il tour dovrebbe comprendere anche i cimiteri presenti sulla costa atlantica francese. Esemplare è il memoriale del cimitero americano posto dietro ad "Omaha Beach", nome in codice dato dagli alleati ad una delle cinque spiagge su cui avvennero gli sbarchi. Nei settanta ettari del complesso funebre ci sono le spoglie di 9.387 soldati americani, 307 dei quali ignoti e quattro di sesso femminile, per la grande maggioranza deceduti durante le operazioni belliche. Tuttavia i militari qui sepolti rappresentano solo una parte dei caduti, dal momento che circa 14mila di essi sono stati rimpatriati per volere delle famiglie. Non ho vergogna di dire che ho pianto a guardare filmati ed oggetti che raccontano di queste persone morte per riconquistare l'Europa contro le dittature nazista e fascista. Ho sostato sotto la pioggia a guardare le file di croci e di stelle di David: i cimiteri di guerra sono più di altro un terribile ammonimento. Per questo bisogna ricordare che, a parte la lotta partigiana e le truppe inquadrate con gli Alleati, per il resto gli italiani erano dalla parte sbagliata nel Secondo conflitto mondiale e a poco serve la bieca campagna che sostiene che «i morti sono tutti uguali», utile non tanto per ricordare i poveri cristi finiti nelle tombe per via delle manie di grandezza mussoliniana, quanto per celebrare i repubblichini al traino dei nazisti. Questa ricostruzione antistorica, che fa breccia nei nostalgici del ventennio ignoranti e stupidi, è una vergogna italiana. Quella vergogna che già ti pervade quando pensi a fronti come quello della Normandia, dove giustamente esiste una capacità di ricostruzione suggestiva degli avvenimenti, che incide sulla memoria collettiva. Da noi vige ormai lo svilimento della Resistenza, il discorso del diritto all'oblio che vale invece per una falsificazione dei fatti per i gonzi di turno, l'idea che la Storia non si ripeta e ciò preoccupa chi, invece, anche in Italia sente puzza di zolfo ed una voglia di autoritarismo che può tornare in un battibaleno. Per questo rivedere le gesta dei coraggiosi sulle spiagge della Normandia è un salutare colpo nello stomaco, che riempie il cuore e accende i cervelli. Luoghi della memoria servono per abbeverarsi e per capire: in Italia impera invece la logica accomodante e reticente dello «scurdámmoce 'o ppassato», che iniziò subito come reazione a quel «Vento del Nord», come lo definì - pur con retorica - l'esponente socialista Pietro Nenni, sin dall'autunno del 1944, riferendo alla spinta di libertà derivante dalla Liberazione (non a caso chiamata così!). Questa è la scomoda verità e bisogna per questo avere sempre ben presenti le radici della Democrazia, che non è il rito stanco destinato a spegnersi come la fiamma di una candela, ma qualcosa di vivente, su cui riflettere ogni volta per evitare salti nel vuoto e la vergogna di trovarsi, come nel 1944, fra le Nazioni "cattive".