Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
18 nov 2017

Gli Azzurri e l'addio ai Mondiali

di Luciano Caveri

Non ero ancora nato quando l'Italia, per la sola volta, venne cacciata dalle eliminatorie dei Mondiali di calcio che si svolsero in Svezia (gli svedesi tornano...) per cui non ho memoria dell'evento. Ma curiosando ho visto che il misfatto avvenne per mano dall'Irlanda del Nord nel gironcino a tre di qualificazione: si decise tutto il 15 gennaio 1958 con un 2 a 1 a Windsor ed anche allora la sconfitta venne vissuta come una tragedia nazionale. Anche io ho seguito - via "Twitter" perché guardavo un film - il pareggio letale dell'altra sera con la Svezia e devo dire che, seguendo gli eventi sul "social" dove sono più le battute di spirito che la cronaca vera e propria, ho seguito in una logica agrodolce questa "Caporetto" calcistica. Leggendo ieri i commenti erano più i toni funebri che quelli divertiti e spiccava la circostanza generale della scoperta dell'acqua calda.

Tipo: un allenatore incapace, una squadra vecchia e inerte, campioni senza nerbo e dignità, un movimento calcistico gestito da incapaci. Con la solita richiesta, buona in ogni occasione, quella delle dimissioni in massa per ripartire. Ma, intanto, in Russia l'Italia non ci sarà e nella prossima estate mancherà quel peperoncino delle partite di calcio a rendere più gustoso il periodo che andrà fra il 15 giugno ed il 15 luglio. Ho già scritto che, per simpatia, tiferò Svizzera, anche se mi pare difficile una vittoria elvetica, ma sarebbe stato difficile anche per l'Italia ridotta in braghe di tela. Mi veniva in mente, pensando all'eliminazione senza se e senza ma, quanto scrive Gianni Brera, grande maestro di giornalismo sportivo: «Può succedere che una partita venga dilatata a saga, a poema epico, e che ogni suo episodio si colori come nessuno avrebbe mai pensato assistendovi o addirittura prendendovi parte. Il calcio è straordinario proprio perché non è mai fatto di sole pedate. Chi ne delira va compreso, non compatito; e va magari invidiato, non deriso. Il calcio è davvero il gioco più bello del mondo per noi che abbiamo giocato, giochiamo e vediamo giocare». Vale esattamente l'inverso in questo caso, cioè un'Italia brutta e sfigata che chiude un ciclo storico con una figuraccia annunciata, che è sintomatica però della crisi endemica dello sport del pallone. Le mie osservazioni sono rozze e superficiali non essendo un esperto ed anzi ho già dichiarato nel tempo la mia disaffezione. Se scorriamo i giornali degli ultimi decenni scopriamo un primo orrore: il ripetersi periodo di scandali calcistici, che si sono fatti più fitti con il proliferare nel tempo di giochi d'azzardo legati al calcio. Per cui ogni tanto appare per poi scomparire una qualche inchiesta alla "calcio scommesse" che dimostra l'esistenza di combine più o meno diffuse che taroccano i risultati. Par di capire che ogni tentativo di estirpare il fenomeno non è una soluzione durevole e la malapianta riappare con una certa periodicità e questo a me scandalizza. L'altro elemento di allontanamento è questa storia dei procuratori che fanno e disfano il mercato, facendo lievitare scandalosamente costi e guadagni dei calciatori, che hanno superato ogni logica di buonsenso e non ci sia nasconda dietro al fatto che i calciatori supermilionari fanno crescere gli affari, visto che la gran parte delle squadre italiane hanno le pezze sul sedere e gli orientali che comprano le squadre - tipo Inter e Milan - sono gravati di ombre inquietanti ed in molti annunciano crack che verranno prima o poi. Infine il punto più delicato: ormai il calcio è un fenomeno economico-finanziario e non meramente sportivo, per cui a un certo punto - così essendo - l'Unione europea ha liberalizzato il mercato e questo ha portato a squadre di calcio che sono simili alle Nazioni Unite o meglio alla "Legione Straniera" ed hanno perso il posto i calciatori italiani e del territorio. Per cui ovviamente questo ha ristretto i calciatori autoctoni e questo si riverbera sulla Nazionale, che non ha più quel bacino di talenti di una volta e questo avviene con l'espulsione sin dalle squadre giovanili. Inutile dire che così gli Azzurri si stingono e sono meno competitivi nei grandi tornei internazionali, Mondiali compresi. C'è chi - anche autorevole - lancia idee di tipo autarchico, tornando ad avere percentuali elevate di giocatori italiani per ricreare nidiate di potenziali campioni cui attingere per la squadra maggiore. Si tratta ovviamente di una dichiarazione al vento di stampo demagogico, sapendo che indietro non si torna e bisogna rassegnarsi a fare il fuoco con la legna da ardere che c'è. Per altro altri campionati in Europa hanno un gran numero di stranieri ma non cadono così in basso. Un calcio italiano, insomma, destinato a essere ridimensionato e piangerci sopra è un esercizio privo di utilità, ma forse va valorizzato l'elemento consolatorio del lutto da elaborare per un declino che sembra essere un paradigma dell'attuale situazione italiana.