Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
29 mag 2017

Sangue a Manchester

di Luciano Caveri

Ti svegli al mattino e l'orrore irrompe nella tua stanza con una notizia inaspettata, che si unisce ad una catena ormai infinita di orrori. Ieri notte, alla fine di un concerto di Ariana Grande a Manchester, un attentato terroristico ha ucciso una ventina di giovani e ne ha ferito una sessantina. Probabilmente un kamikaze islamista si è fatto esplodere nell'arena colma di ragazzi accorsi ad una serata festosa con la loro cantante preferita, una ventenne americana, che piace in particolare agli adolescenti. Chi ha scelto - ed oggi conosceremo la storia di questo assassino - di colpire lì sapeva di colpire dei giovani innocenti e lo ha fatto perché chi persegue la strategia del terrore vuole minare la normalità e spargere la paura e seminare l'odio.

Nessuno deve più sentirsi sicuro, perché in ogni posto e in ogni momento c'è chi può ucciderti per il semplice fatto che sei un "infedele" e che cosa incarna di più l'odiato Occidente di ragazzi che ballano allegri con i ritmi alla moda di un'icona del pop? Così un soldatino dell'Isis si è vestito da bomba ed avrà fatto il suo macabro compitino di uccidere probabilmente dei suoi coetanei. E' possibile che sia cresciuto a Manchester, dove più del quindici per cento della popolazione - con molti giovanissimi da indottrinare - è di religione islamica e la radicalizzazione di molti ragazzi è un fatto ben noto, alimentato da moschee in cui si predica il fondamentalismo religioso ed i suoi frutti sono l'adesione a chi predica e pratica la logica dei seminatori di morte che conquistano il loro Paradiso, dandosi la morte. Così hanno colpito e colpiranno in una spirale di violenza terribile e pure difficile da arginare, perché di fronte ad adepti frammentati ma radicati nella società è difficile un lavoro capillare di prevenzione. Ma non bisogna rassegnarsi e continuare la guerra all'Isis nei territori in cui governa e stroncare quel proselitismo, che corre anche attraverso la Rete. Un modo per fare resistenza è quello di vivere e non cedere alla tentazione di chiudersi in casa, rinunciando a viaggiare, a riunirsi, a fare festa. Certo, un prezzo da pagare c'è, e lo si vede nei corpi straziati di ieri alla fine di una serata piena di gioia e questo aumenta il nostro disprezzo per chi colpisce ciecamente ed anche per chi nelle comunità islamiche reagisce mollemente a certi eventi con parole di condanna di circostanza. Quando isolare i matti violenti senza una loro ferma partecipazione sarà sempre difficile e loro - i fedeli di una religione che viene piegata alla morte - saranno ombre nascoste, pronte a colpire la civile convivenza.