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10 mag 2017

Cornini e coccinelle

di Luciano Caveri

Una mia amica simpatica con parte di origine campana, ma valdostanizzata del tutto, mi ha regalato un portafortuna con alcuni cornini e pure con una bella coccinella, oggetto che ha comprato nella bancarella giusta proprio a Napoli. Anche se non sono superstizioso - se mi cade il sale non importa, idem se si rompe uno specchio, vedere un gatto nero mi fa sorridere, passo sotto una scala... - alla fine mi fa una grande simpatia aver ricevuto un regalino. Pensando a certi menagrami (non ci credo, ma qualcuno l'ho visto in azione e... mi sono impressionato!) che ci sono in giro o almeno a quelli che godono a far del male (attento al boomerang!), avere un porte-bonheur che mi dovrebbe fare del bene mi fa dire: «perché no?» Diceva Eduardo De Filippo: «Essere superstiziosi è da ignoranti, ma non esserlo porta male».

Allora, essendo curioso, mi sono rimesso a studiare. Sulla Dea Fortuna qualcosina sapevo per via degli studi classici, sapendo che passa dall'antica Grecia a Roma per poi mutare ancora dal Medioevo al Rinascimento. Ma non sapevo che "sfortuna" è molto più recente, datata nel quindicesimo secolo, oggi volgarizzata nel termine in voga "sfiga" creato nel 1974 rispetto all'invece antico "iella" di origine romanza (sarebbe "quella" per indicare la malasorte...). Ma torniamo ai corni: su pulcicorno.com trovo una spiegazione dottissima: "Il corno portafortuna è, senza dubbio, il più diffuso amuleto italiano. Le sue origini sono antichissime e risalgono addirittura ai tempi del Neolitico (3500 a.C.), quando gli abitanti delle capanne usavano apporre fuori dall'uscio un corno come auspicio di fertilità. Specialmente in quei tempi la fertilità veniva associata alla fortuna in quanto, più un popolo era fertile, più era potente e quindi fortunato. In altri tempi i corni venivano usati come doni votivi alla Dea Iside, affinché la Dea Madre assistesse gli animali nel procreare. La mitologia ci informa che Giove donò alla sua nutrice un corno in segno di gratitudine, questo corno era dotato di virtù magiche in modo che, la nutrice, potesse ottenere tutto ciò che desiderava. Il corno trae le sue origini per via della forma, si pensa infatti che gli oggetti a punta, specialmente se aventi forma di corno, difendono da cattive influenze e malasorte se portati con sé". Più avanti sul colore rosso: "Rosso perché già nel Medioevo ogni talismano rosso aveva doppia efficacia e il rosso simboleggiava la vittoria sui nemici. Già nei tempi più antichi diverse popolazioni associavano al colore rosso un significato di fortuna e buon auspicio: in Cina e Germania, dove tutti gli editti ed i sigilli imperiali erano rossi in segno di buona fortuna; nelle Indie, dove i raccolti venivano protetti con teloni rigorosamente rossi e strisce di tela dello stesso colore venivano portate sul collo per prevenire i mali. Gli antichi medici suggerivano che abiti rossi potessero guarire i reumatismi dove ogni mezzo aveva fallito. L'efficacia di tutti questi rimedi ed altri ancora non stanno nei vari materiali utilizzati ma, solo ed esclusivamente, nel colore rosso". Ma torniamo al cornino: "amuleto propiziatorio, autentico simbolo della vita, da opporre a tutto ciò che viene ritenuto potenziale latore di morte. Apotropaios è parola greca che significa letteralmente "allontanante" da cui deriva l’italiano apotropaico, cioè di oggetto, gesto, parola o similia, che serve ad allontanare un'influenza magica, ritenuta maligna e/o dannosa per chi la riceve". A Napoli il corno deve sempre un dono, fatto a mano, preferibilmente di corallo e risultare, leggiamo ancora: "tuosto, vacante, stuorto e cu' 'a ponta (apparire rigido, cavo all'interno, a forma sinusoidale e terminante a punta). (...) L'uomo primitivo associava la potenza fisica degli animali alla grandezza delle loro corna. Questa opinione si trasformò in culto idolatrico degli animali dotati di corna fino a considerarli vere e proprie divinità. In epoche successive troviamo idoli con sembianze umane, ma con teste di animali come la dea egizia Hathor (rappresentata o con la testa di vacca o con il volto di donna dalle lunghe corna) e il dio Amon, con le corna d'ariete. Per secoli, insigni condottieri (tra essi Alessandro Magno) si fecero raffigurare con questi ornamenti sul capo, poiché le corna erano ritenute sia emblema di potere che di appartenenza e discendenza divina. La gente comune, assoggettata ed ammaliata da tali guerrieri investiti di potenza pseudo-divina, iniziò a costruirsi piccoli amuleti a forma di corna o di unico corno, fabbricandoli con materiali poveri quali il legno o la terracotta". Oggi dare del cornuto a qualcuno non è così propiziatorio... Ultima citazione: "Quella di seguito riproposta è un'antica filastrocca medioevale tuttora usata nelle regioni meridionali d'Italia ha per caricare di buoni auspici il cornetto rosso e vincere al gioco del lotto: «San Gennaro, san Girolamo, san Crispino, san Giustino usa il mio cornetto, dagli fuoco, dagli vento. San Gennaro, san Girolamo, usa il mio cornetto. San Crispino, san Giustino, fammi vincere il quattrino. Sant'Eufemia, sant'Assunta, non tremate nell'aggiunta. Nel borsello il mio quattrino, il cornetto al santino»". Più facile la coccinella. Da "Focus Junior": «In moltissime culture, inoltre, la coccinella è considerata una messaggera divina: è legata a Freyja, dea nordica della fertilità, oppure alla Madonna (Maria), che nel Medioevo veniva rappresentata proprio con un mantello rosso (i sette puntini neri tipici della coccinella comune, Coccinella septempunctata, rappresenterebbero le sette gioie e i sette dolori di Maria)". Insomma: adesso ho i superpoteri...