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09 dic 2016

Francofonia e Francia

di Luciano Caveri

Seguo sempre con interesse l'evolversi della politica francese: lo faccio perché sono un francofilo, amo la lingua e la cultura francese, sapendo bene che la francofonia non è solo Parigi in un duplice senso. Uno che riguarda la dimensione plurale della Francia, che ha caratteristiche molto diverse a seconda della zona dell'Esagono che si vogliono prendere in considerazione. Il secondo concerne la dimensione mondiale della francofonia, che mi pare tra l'altro ultimamente marginalizzata in Valle d'Aosta, com'è dimostrato dall'assenza di politici valdostani in Madagascar quest'anno e in Senegal due anni fa ai famosi "Sommet" in cui la Valle aveva - se non lo ha perduto - la veste di "invité spécial", così concepita: "Le statut d'invité spécial vise les entités ou collectivités territoriales non souveraines - ressortissantes d'Etats non membres de la Francophonie - qui en font la demande, dès lors que ces entités ou collectivités manifestent leur volonté d'engagement dans la Francophonie et que l'usage de la langue française set attesté sur leur territoire".

Si trattava di una rete interessante per il Governo regionale valdostano, non esauribile con l'associazione dei parlamentari francofoni, di cui fanno parte i consiglieri regionali (come parlamentare europeo ebbi l'onore di presiedere la sezione degli europarlamentari con periodiche riunioni a Strasburgo) e neppure dai giornalisti con l'associazione des journalistes francophones di cui io stesso oggi sono membro, perché interessato da questa ragnatela di rapporti che assume una valenza globale e apre a problematiche che altrimenti sfuggirebbero nella quotidianità, come la libertà di stampa o le nuove tecnologie. Inutile dire del ruolo di motore e anche di finanziamento che la Francia rappresenta e così - anche per questo e per molte altre ragioni - seguo con curiosità gli eventi delle elezioni presidenziali del prossimo anno con colpi di scena che dimostrano come tutto manchi ma non la vivacità. Due i casi eclatanti di queste ore: l'affermarsi nelle primarie del Centrodestra di quel François Fillon, oggi il favorito per l'Eliseo, che conobbi nel 2005, quando era ministro dell'éducation nationale in occasione di un comizio che tenemmo assieme a favore del Trattato costituzionale a Saint-Jean-de-Maurienne. La sua vittoria inaspettata su Alain Juppé, ma soprattutto l'uscita di scena da coup de théâtre di Nicolas Sarkozy (che l'inverno scorso fece una lunga vacanza con Carla Bruni sulle nevi della Val d'Ayas) hanno creato una situazione inattesa, che - vista la posizione conservatrice di Fillon, che certo preferisce farsi dare del "gaulliste" - rende più difficile il lavoro di Marine Le Pen, che pensava ormai di avere grandi possibilità e ora ha un competitor in grado di mangiucchiare parte dell'elettorato moderato. Ma il colpo di scena davvero più clamoroso di queste ore è la rinuncia di François Hollande, primo caso nella Quinta Repubblica di un Presidente che non si ricandidi dopo il suo primo mandato. Hollande, con un gradimento ormai terribilmente basso, ha ceduto - in un discorso televisivo pieno di pathos - il testimone alle primarie della Gauche, ammesso che i litigiosi competitori di quest'area politica accettino tutti di farle. Una Sinistra in grande crisi, che allo stato attuale, sarebbe fuori dal secondo turno, ma chissà che - come ha fatto lo schieramento avversario - non si inventi qualcosa. Oltretutto per ora in gioco c'è anche quella specie di marziano che è Emmanuel Macron, personalità controversa ma interessante al centro dello schieramento. Il caso di Donald Trump in America dimostra che spesso certi outsider non vanno presi alla leggera. La Valle d'Aosta, che non gode come i sudtirolesi di una "Garanzia internazionale" in quel caso con tutela austriaca, comunque sia andata nei "Trattati di Parigi" del 1947, non può non mantenere - ed io stesso lo feci da deputato (nel quadro della mia Presidenza del Gruppo di amicizia parlamentare Italia - Francia) e da presidente della Regione - un qualche rapporto politico con la Francia sia di prossimità, ma anche con le Istituzioni nazionali. Nulla di comparabile alla "Garanzia", ma avere rapporti amichevoli, presentando con garbo la nostra situazione, potrebbe risultare sempre utile in epoche di passaggio in cui è bene tenere ben allacciate le cinture di sicurezza e guardare di tanto in tanto nello specchietto retrovisore perché non arrivi a spianarci un camion killer.