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10 ott 2016

La Ferrovia per non perdere il treno

di Luciano Caveri

Seguo con viva curiosità la discussione sul futuro della Ferrovia in Valle d'Aosta, che dovrebbe rientrare più in generale in una visione prospettica attraverso una pianificazione che sarebbe necessaria sui trasporti pubblici. Al contrario il Governo regionale sta agendo, ammesso e non concesso che la scelta amministrativa risulti legittima, con un'azione fatta a "spizzichi e bocconi" in assenza di un "Piano regionale dei trasporti" debitamente aggiornato ed approvato. Questo è un compito statutario del Consiglio Valle, che non penso possa essere spogliato all'infinito delle proprie competenze, facendo finta di niente, mentre questo squilibrio di rapporti con un Esecutivo imperante colpisce al cuore l'ordinamento valdostano e la sua credibilità e dovrebbe inquietare i Consiglieri regionali in primis per la dignità loro e di chi li ha eletti.

Invece trionfano scelte che sono come flash nel buio: tipo la chiusura della "Aosta - Pré-Saint-Didier", logiche in saliscendi per l'aeroporto, proroghe nel settore del trasporto su gomma come se nulla fosse, visioni di cui non si capisce lo sfondo per gli impianti a fune. Ora, in vista della Finanziaria regionale, spunta una nuova progettazione per la ferrovia restante, quella in partenza da Aosta, che dovrebbe essere anche una risposta a quella proposta di legge di iniziativa popolare, che è all'esame del Consiglio Valle e che indica come «strategico» il rilancio della ferrovia in una logica più di indirizzo che di realizzazione fattuale, visto che non esiste nella proposta una copertura finanziaria certa. Mi pare che sul punto giacciano già in Regione, perché in parte me ne occupai, approfondimenti tecnici piuttosto interessanti e mi riferisco alla linea come infrastruttura, che pure è legata strettamente al materiale rotabile che la Regione ha deciso di comprare in una logica "bi-fuel", che consenta di viaggiare con il diesel sino ad Ivrea ed usare l'elettrico da lì in poi senza le "rotture di carico" oggi indispensabili per entrare nel sistema delle stazioni torinesi, dove i motori a combustione sono banditi. Ma nuovi treni più moderni - strada su cui concordo - a nulla varrebbero se poi con il treno più moderno si dovesse continuare a viaggiare su una linea degna del "Far West", pensando al solo binario, alle stazioni disastrate, ai troppi passaggi a livello, alla mancanza di un approfondimento reale sull'elettrificazione ed anche alla scelta di continuare ad avere come sbocco della linea quel "cul de sac" che è Chivasso, in assenza anche di quella piccola circonvallazione ferroviaria che avrebbe instradato direttamente su Torino i treni valdostani senza sosta e inversione di marcia nella storica stazione piemontese, che è pure per sempre tagliata fuori dal transito e dalla fermata di treni veloci sulla linea fra Torino e Milano. Cosa fare allora? Sull'itinerario valdostano, considerando l'orografia della Valle, non si possono fare voli pindarici: se pensiamo ai rischi idrogeologici che non consentono grandi scelte, resta il nodo di dover raddoppiare i binari - e gli studi per questi raddoppi selettivi ci sono già - e di decidere cosa fare del sistema atavico di gallerie fra Saint-Vincent e Montjovet, su cui esistono già ipotesi tecniche molto costose. Idem per l'elettrificazione. Poi esiste la "terra di nessuno" del primo pezzo di Canavese, dove il problema, solo per fare un esempio, è il proliferare di passaggi a livello che rallentano la velocità dei treni e la questione della galleria cittadina con successivo ponte sulla Dora. C'è poi da capire se Ivrea resti o chi vuole una nuova linea immagina di saltare questa stazione a vantaggio di una ferrovia che - se ne parlò all'epoca della candidatura di Torino alle Olimpiadi - segua in qualche modo il tracciato autostradale, senza finire a Chivasso, ma andando verso Torino o, immaginando un'utilità per l'aeroporto, e dunque anche verso "Caselle". Verrebbe voglia di dire: allora studiamo come andare a Novara, visto che da lì ci si innesta nel sistema dell'alta capacità... Certo che, anche se viviamo nel Paese che rilancia il Ponte di Messina come se la realizzazione fosse una bagatella, la questione delle risorse non appare per nulla secondaria e bisogna sin da subito capire quale impegno lo Stato voglia metterci, perché oggi le finanze regionali stenterebbero ad infilarsi in operazioni con costi molto ingenti e anche, purtroppo con il sistema degli appalti in Italia, con l'alea dell'incertezza sui tempi di realizzazione, perché ogni volta che si affrontano opere del genere in Italia si finisce nella palude. Per cui - lo ripeto - seguo con viva curiosità il lancio di questa iniziativa per capire se esista una logica o sia solo un ballon d'essai.