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11 ott 2015

L'Autonomia e l'inefficace catenaccio

di Luciano Caveri

E' interessante l'esito della parte interna del Congresso dell'Union Valdôtaine, aperto e chiuso in tre ore domenica scorsa, roba da "Guinness dei Primati" della brevità di una discussione politica. Il documento finale, in cui si sommano diverse questioni con alcuni svarioni (tipo il "Patto di stabilità" colpa dell'Europa, quando l'applicazione anti-regionalista è tutta italiana), non riporta affatto in modo puntuale il discorso su di un'eventuale "réunion" del mondo autonomista, svolto invece il giorno precedente nell'intervento, non in programma, del presidente Augusto Rollandin, che si era quasi commosso nel passaggio, dopo analogo turbamento su un'ipotesi di reciproci condoni tombali dell'ancien président Joseph-César Perrin. Strana storia, a ben pensarci, perché si è passati in un batter di ciglia (umide) da una proposta politica, pur generica che fosse, a parlar d'altro l'indomani (anche sparando colpi di cannone polemici agli stessi a cui qualche ora prima si era fatto l'occhiolino) e in particolare a magnificare l'accordo con il Partito Democratico.

Situazione grottesca, pensando alla veemenza oratoria parallela contro i tagli finanziari ed i torti al sistema autonomistico ed alla Valle d'Aosta da ascrivere anche al Governo Renzi, che oltre ad essere premier è anche segretario dei Democratici. Insomma: un colpo al cerchio e uno alla botte per non dispiacere a nessuno e tenere assieme capre (sempre loro!) e cavoli. E' interessante come sui miei primi commenti a caldo sulla parte storica di rievocazione dei settant'anni di storia unionista mi abbia scritto un giovane, Alessandro, che ha la bontà di seguire questi miei appunti quotidiani. La sua obiezione - in un suo ammesso vuoto di riferimenti politici cui richiamarsi in questo momento della sua vita - è sostanzialmente il rischio che si ci sia nella difesa dell'attuale Autonomia qualcosa di anacronistico, perché nel tempo la società valdostana ed il mondo intero sono così cambiati da rischiare di fare una battaglia simile a quella paradossale di Don Chisciotte della Mancia contro i mulini a vento. Lo ringrazio e devo dire che in realtà le nostre posizioni non sono così distanti. La politica assomiglia, per molti versi, al calcio. In entrambi in casi, che sia un emiciclo parlamentare o un campo di gioco, la nostra umanità è riuscita a canalizzare in regole concordate quegli istinti guerreschi che trasformerebbero ogni tenzone in botte da orbi. Anche in politica - o meglio nelle Istituzioni che abbiano creato nel tempo per governare le comunità - esiste il rischio del "catenaccio", Espressione che suona come "difesa a catenaccio" o semplicemente "catenaccio" (accezione di origine svizzera, calco del francese "verrou" e del tedesco "riegel"), che indica la tattica difensiva applicata da una squadra (generalmente debole) che arretra più giocatori della linea mediana o attaccante per evitare i gol. Se questa fosse la tattica della squadra autonomista, come fanno in molti, sarebbe una scelta perdente. Si vince nei rapporti con lo Stato e con l'Europa giocando per fare gol e non per evitare di subirne. Così l'Autonomia, se fosse una specie di feticcio da esporre nella vetrinetta di un museo, finirebbe per risultare qualcosa di inutile, se non corrispondesse più alla realtà attuale. E questo avviene, purtroppo, quando si ha come strumento uno Statuto d'autonomia ormai vecchio, ma la cui eventuale modifica al momento ed in assenza del famoso principio dell'intesa sarebbe - incredibile a dirsi - largamente peggiorativa. Lo si vede dalla mancata applicazione di norme di attuazione vigenti, che dovrebbero dare dinamismo al dettato statutario, per non parlare dei troppi argomenti che non diventano mai norma, fermandosi spesso davanti alla porta del Consiglio dei Ministri. Intanto la decretazione d'urgenza e la legislazione ordinaria invadono campi che non sono di loro competenza e questo crea una sorta di arroccamento in difesa che diventa sempre più flebile. Infatti questa azione è indebolita dalla scarsa credibilità di chi dovrebbe farlo e anche da un mondo attorno a noi che si accanisce proprio sull'anacronismo dei meccanismi esistenti. Punto sul quale tocca rilanciare e non passare il tempo a coltivare quanto sia stato bello il tempo che fu. Pensiamo alla sistematica incapacità di rispondere a certe bugie che diventano "vulgata" e che, alla fine dei conti, si trasformano in armi per chi vorrebbe molto semplicemente far sparire la Regione autonoma. Per cui, alla fine, non è la "réunion" che conta, vista la difficoltà di partiti e movimenti di interpretare il ruolo di cinghia di trasmissione della società verso le istituzioni, perché contano di più i fatti e le proposte concrete per la comunità. Altrimenti la partita è persa in partenza.