Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
03 ott 2015

L'affaire Volkswagen e le regole europee

di Luciano Caveri

Seguo con interesse le vicende riguardanti i motori diesel della "Volkswagen", che hanno creato uno sconquasso per la fabbrica automobilistica tedesca, facendo vacillare persino la caratteristica serietà teutonica, oltreché aver dato una botta mica da ridere alle Borse. Cosa capitasse di truffaldino è noto: per aggirare i limiti alle sostanze inquinanti posti negli Stati Uniti, le centraline elettroniche riconoscevano quando le macchine venivano testate sui rulli per controllare gli scarichi e fornivano di conseguenza tassi delle sostanze nocive notevolmente ridotti rispetto alla realtà.

Ha scritto su "Wired", Gianluca Dotti per capire l'ampiezza della vicenda: «Secondo quanto stimato dal "Guardian", un numero così elevato di automobili con valori falsati dei test avrebbe un impatto non trascurabile anche sull'inquinamento atmosferico globale. Si tratterebbe, ogni anno, di quasi un milione di tonnellate di gas tossici immessi nell'atmosfera in più rispetto a quanto stimato. Un inquinamento paragonabile a quello di una intera Nazione europea, e che avrebbe gli effetti peggiori proprio nel vecchio continente, dove i veicoli con motore diesel sfiorano il cinquanta per cento del totale contro il tre per cento appena degli Stati Uniti». Conosco piuttosto bene, perché me ne occupai al Parlamento europeo, tutta la questione delle Direttive comunitarie sulla materia, simili - ma per ora meno rigide e soprattutto senza le multe degli USA! - a quelle americane di cui oggi si discute (ma stanno già uscendo magagne anche in Europa). Misure che sono state introdotte negli anni con degli standard tecnici, identificati con la sigla "Euro" - seguita da un numero crescente, partendo dallo "0", che registra caratteristiche sempre più restrittive, che riguardano le emissioni dei veicoli, misurate in grammi per kilowattora (g/kWh) per i veicoli commerciali pesanti (i "Tir") e in grammi per chilometro (g/km) per gli altri veicoli. Preciso - scusate il tecnicismo -che si usano numeri arabi (come "Euro 1") gli standard applicabili alle automobili e ai veicoli commerciali leggeri, mentre si adoperano i numeri romani (come "Euro IV") gli standard applicabili ai veicoli industriali. Oggi siamo alla sesta generazione di motori. Gli "Euro I" risalgono al 1992 (quelli prima sono gli "0"), i più recenti, gli "Euro VI" sono del 2011, ma l'obbligatorietà di dotarne i mezzi per i produttori scatterà dal 1° gennaio prossimo (e l'"Euro VII" è in "stand by"). Le case automobilistiche e quelle che costruiscono i camion devono adeguarsi a certi parametri, a partire da determinate date di rinnovo dei propulsori fissate dal legislatore europeo, facendo gli sforzi necessari per trovare quegli accorgimenti che consentano ai motori di superare le prove di laboratorio. Personalmente ricordo di avere approfondito il tema con la "Scania", in una visita in Svezia alla fabbrica di camion e di aver discusso anche con i tecnici dell'"Iveco", in visita allo stabilimento torinese. Lo facevo nelle vesti di presidente della "Commissione trasporti" del Parlamento europeo, per un interesse generale, ma anche per capire l'impatto dei "Tir" in zona alpina, Valle d'Aosta compresa, visto che il passaggio da una tecnologia vecchia ad una nuova comportava sempre un minor inquinamento nelle nostre zone. Per altro, come noto, la circolazione dei mezzi pesanti si è attestata ormai su livelli più bassi e rassicuranti rispetto alle previsioni assai pessimistiche degli anni Novanta. Oltretutto i mezzi più vecchi al traforo del Monte Bianco non possono più transitare (la maggioranza dei "Tir" che attraversano il tunnel sono oggi "Euro 5"). Ma questi parametri, in una zona come la Valle, riguardano anche il rischio di inquinamento in città abbastanza trafficate come Aosta o in certe località turistiche quando c'è il pienone, dove poi particolari situazioni climatiche rischiano di creare un effetto ristagno di aria inquinata. In questo casi si dimostra come l'evoluzione dei motori sia indispensabile. Non a caso ci sono tante autorità municipali in Europa, che consentono certi tipi di accesso ad auto elettriche, ibride o a gas. Si tratta, in sostanza, di occuparsi della salute dei cittadini, i quali per altro sarebbero chiamati anch'essi, come le officine che effettuano controlli di revisione periodica, ad effettuare tutte quelle manutenzioni ai motori senza le quali certi meccanismi - come i filtri antiparticolato - non funzionano con buona pace delle tecniche migliorative. Certo la vicenda accende i fari sulla situazione reale, dopo la truffa della casa automobilistica di Wolsfsburg scoperta abbastanza per caso (o c'è stata una "gola profonda"?), almeno per capire se questi l'entità esatta della ricaduta dei trucchetti o se, specie ma non solo a beneficio dei motori diesel, ci fosse un taroccamento a catena anche da parte di altre aziende. Ciò aprirebbe scenari degni di un "vaso di Pandora", che una volta scoperchiato libererebbe - sarebbe proprio il caso di dirlo - sostanze nocive. Certo è che molto cambia oggi nella percezione del consumatore: io stesso, che ho una "Audi" diesel, guardo la mia vettura con occhi sospetti, anche se immagino sia ingiusto farlo. Ma certo i pregiudizi e le preoccupazioni sono del tutto legittimi e quanto avvenuto metterà - pure ingiustamente - i motori a gasolio sotto cattiva luce e forse avrà il pregio di rilanciare altri tipi di motorizzazione, come appunto l'elettrico, e di spingere anche per carburanti rivoluzionari, che ci avveleneranno di meno.