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21 lug 2015

Troppe vite in fumo

di Luciano Caveri

Leggevo e riflettevo l'altro giorno su di un grido d'allarme sulla stampa belga: "Le tabagisme augmente chez les 18-25 ans, selon la "Fondation contre le cancer", qui dénonce le manque d'action politique. Près d'un jeune belge sur trois (32 pour cent) se décrit comme un fumeur régulier. Et tandis que les filles sont désormais tout aussi accros que les garçons (ou quasi), l'écart entre Régions wallonne et flamande reste, lui, très marqué: 26 pour cent de fumeurs quotidiens en Wallonie contre 17 pour cent en Flandre. Des chiffres qui confirment la fin des effets bénéfiques de la suppression de la publicité en 1999". Trovo che medesimo grido d'allarme dovrebbe valere in Valle d'Aosta, compresa per quella galassia dei minorenni che non sono censibili e teoricamente non dovrebbero poter comprare le sigarette. Ammesso poi che per i maggiorenni le statistiche siano veritiere, perché a me - che osservo da non fumatore i fumatori - sembra che non tutti i fumatori si siano manifestati con onestà e dunque i dati complessivi non sono veritieri...

Leggevo il rapporto 2015 sul tabagismo dell'"Istituto superiore di sanità - Iss": "Gli italiani non rinunciano alle sigarette. Rimane praticamente invariato, infatti, il numero di fumatori rispetto al 2014: circa 10,9 milioni, il 20,8 per cento della popolazione. «Il dato oramai consolidato - spiega Walter Ricciardi, commissario dell'Iss - è che la prevalenza di fumatori in Italia da otto anni a questa parte rimane pressoché invariata, stupisce però che a fumare sia ancora uno sportivo su dieci, segno che dobbiamo ancora molto insistere sulla promozione dei corretti stili di vita soprattutto nei confronti dei giovani»". Mi vien da sorridere perché agli sportivi fumatori aggiungerei i medici fumatori, che saranno severi con i loro pazienti, ma poi talvolta "pippano" senza alcuna coerenza con le raccomandazioni fatte agli altri. Poi si aggiunge un dato che sembra raggiungere la preoccupazione belga: «La situazione di stallo - spiega Roberta Pacifici, direttore dell'osservatorio fumo, alcool e droga dell'Iss - riguarda tutte le fasce di età. L'età media di questa popolazione rimane costante (44,7 anni) così come l'età in cui si accende la prima bionda (diciotto anni) e l'età media in cui si smette (42 anni). Questo significa che tanti giovani iniziano a fumare quanti adulti smettono, un chiaro segnale che le strategie di intervento sulla prevenzione nei giovani e di cessazione vanno ripensate». Che si aspettino i diciotto anni per iniziare a fumare è davvero un dato solo statistico... Io penso che la cifra dei fumatori italiani sia nel complesso sottostimata e lo sia anche quella valdostana, che viaggia attorno al quindici per cento della popolazione. Il dato più basso di quello reale potrebbe derivare dalle risposte insincere di tutti quelli che fumano ma non vogliono dirlo, considerando il tabacco un disvalore è come tale non va detto del suo uso. Poi, come osservavo, esiste il buco nero dei giovanissimi, che non possono dichiararlo. Per altro sono spesso - assieme anche a ragazzi più grandi - attirati da farsi le sigarette con il trinciato, non solo perché costa meno rispetto ai pacchetti ma anche come fenomeno di costume. E fa sorridere pensare che quando ero ragazzo farsi le sigarette, a mano o con l'apposita macchinetta, era appannaggio dei fumatori più vecchi e viziosi. Insomma: vietare di fumare nei luoghi pubblici (Aosta ha indicato anche alcune zone all'aperto), aumentare il prezzo delle sigarette, impedire la pubblicità ed usare toni forti nella propaganda tradizionale antifumo sui danni alla salute alla fine sembra non bastare. Non si tratta di cavalcare eccessi proibizionisti che possono pure creare situazioni di appeal verso quanto vietato, ma semmai di informare ancora di più sulle conseguenze terribili del fumo, che sono un oggettivo costo sanitario e sociale ed aumentano soggettivamente la possibilità di lasciarci malamente le penne.